Siete mai stati a New Orleans? Io ci andai nel lontano 1995 durante l’annuale Jazz&Heritage Festival e ne rimasi sconvolto.
Se una persona ama la musica come me c’era la possibilità di non dormire mai. Spettacoli in strada, nei locali equivoci di Bourbon Street, i concerti alla sera nelle venues e naturalmente il festival nel fine settimana nell’area, enorme, dell’ippodromo.
Ogni genere musicale era presente, dal rock al blues, dal soul al jazz, dal cajun allo zydeco. Ogni nota condita dalle spezie tipiche della Big Easy per cui ogni musica suonava in quel modo solamente in quel luogo.
Ora immagino Luke Winslow-King, finito nel cuore della Louisiana quasi per caso, come si possa essere sentito e come abbia tradotto il tutto nel proprio personale suono. In definitiva un cantautorato old time immerso nelle radici del jazz del blues e dello swing.
Il nostro è sempre stato uno spirito vagabondo. Nel Bronx fu terapista musicale ed insegnante di musica per non vedenti, a Praga studiò i quartetti d’archi, in Italia scrisse accompagnamenti musicali per lavori teatrali e cinematografici.
Gli incontri a New Orleans sono un’autentica rivelazione. Il cantante jazz John Bouttè diventa il suo mentore mentre Luke si iscrive all’università in corsi per teoria musicale. Altro incontro di fondamentale importanza è quello con il chitarrista slide livornese Roberto Luti, conosciuto in un angolo di Big Easy dopo essersi fermato per caso ad ascoltarlo.
Entrambi furono ospiti, nel 2012, del Rootsway Festival nella location di Diolo di Soragna (GUARDA IL VIDEO) per una serata che ancora viene ricordata come una delle migliori performance di sempre della manifestazione.
È con un certo entusiasmo che accolgo la nuova uscita su Bloodshot dal titolo “Blue Mesa”, registrata a Lari, una frazione di Casciana Terme in Toscana, dove Luti ha il suo studio di registrazione.
Una caratteristica fondamentale del chitarrista del Michigan è quella di scrivere brani che sembrano dei traditionals ed è proprio in questi frangenti che dà il meglio di sé. Non dotato di vocalità esuberante, ma comunque ricca di espressività, anche se priva di quella sporcizia e densità di cui il suo sound avrebbe bisogno.
Il brano iniziale ”You got mine” è una sentita ballata deep soul di impronta memphisiana con organo in evidenza, sublimi interventi vocali e le slide di Luti e Luke che si alternano alla grande.
Si prosegue con uno swamp boogie rock che ci trascina fino a farci rivivere i grandi Little Feat.
Ancora Stax nell’omonima traccia che racconta della fine di una relazione quindi malinconica nella sua esposizione sonora, ma con una slide da far rizzare i capelli.
Accattivante la ballata “Breakdown the walls” che si presenta come un cocktail di soul gospel e stile cantautorale che grazie al lavoro della slide ne risulta ulteriormente impreziosita.
La sezione fiati lavora in controtempo nel brano “Chicken dinner” per una resa sonora molto sudista e rilassata che si scatena con intrecci di chitarra da antologia.
Il lavoro si chiude con “Farewell blues”, un violino si aggiunge ad un andamento tipico blues per un album che merita la vostra attenzione. Dategli un ascolto mentre sorseggiate un bel Mint Julep!!!


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