Se non avete mai sentito parlare di ‘Bright Phoebus’ non fatevene una colpa, siete in buona compagnia. Il disco uscì nel 1972 con una tiratura di un paio di migliaia di copie e non fu oggetto di alcuna promozione. È senz’altro uno dei momenti più importanti di tutto il folk revival britannico ma al momento della sua uscita fu accusato di non aver tentato di bloccare l’avanzata del suono elettrico che stava contaminando le caratteristiche di purezza delle tradizioni popolari britanniche. In relazione a ciò Martin Carthy, fondatore degli Steeleye Span, si pronunciò in un duro atto di accusa verso la scena folk di allora, colpevole di considerare tradimento qualsiasi cosa uscisse dai canoni standardizzati del genere. Fortunatamente ci pensarono alcuni musicisti successivi a rendergli giustizia: Billy Bragg e King Creosote fecero loro alcuni pezzi dell’album, altri (Jarvis Cocker, Arcade Fire e Richard Hawley) citarono l’opera come una delle loro preferite di sempre. Arrivando ai nostri giorni, la benamata Domino dà alle stampe il disco, anche in una versione doppia deluxe con i demo delle sessions originali. Le sessioni definitive dell’album si tennero nel maggio del 1972 con la supervisione del produttore Bill Leader. La registrazione durò una settimana in un clima di anarchia ma anche di ferrea disciplina al fine di raggiungere il risultato voluto. Un esempio emblematico di ciò può essere l’aneddoto del postino che doveva consegnare un pacco e che fu invitato a partecipare ai cori di ‘The Magical Man’, il tutto confermato nelle note di copertina. Sette dei dodici brani erano per chitarre acustiche occasionalmente accompagnate da oboe, cello e basso. La maggior parte di esse hanno intricati arrangiamenti per doppia chitarra, opera di Richard Thompson e Martin Carthy. Le rimanenti cinque canzoni sono supportate da una sezione ritmica composta da Ashley Hutchings al basso, Dave Mattacks alla batteria e Richard Thompson alla chitarra elettrica. Sicuramente oggi il disco risulta essere meno originale di quanto fosse percepito allora; rimangono però alcune tracce avanti nel tempo come ‘The Scarecrow’, in ‘Winifer Odd’ possiamo trovare elementi di musica da camera, in ‘The Magical Man’ di country rock e in ‘Rubber Band’ fa capolino persino la musica concreta.
Un reperto prezioso ed intrigante che ci riporta ad una stagione in cui ogni cosa sembrava sempre eccitante e mai sentita.

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