Non sono un musicista, il mio approccio verso la musica è sempre stato improntato alle emozioni che era in grado di suscitare sui miei sensi. Nel corso degli anni ho imparato alcune cose tecniche quali l’uso degli studi di registrazione, il suono delle chitarre che dipendeva dai modelli, le corde di nylon oppure di metallo, l’uso dello slide o della bottleneck, e ovviamente il suonare la chitarra in fingerstyle o fingerpicking. E’ proprio di questo tipo di approccio che vorrei parlarvi, è una tecnica che come dimostra la traduzione significa ‘stile fatto con le dita’ o ‘pizzicare con il dito’. Praticamente si usa sia su chitarra classica che folk, e pure sulla elettrica e consiste nel toccare le corde direttamente con le dita senza l’uso di strumenti quali il plettro. E’ un modo molto utilizzato nei pezzi per chitarra folk, ma ha raggiunto una certa notorietà anche nel mondo del rock grazie a chitarristi di fama quali Mark Knopfler. Sembra che sia stata utilizzata in modo da suonare la chitarra come fosse un pianoforte ragtime: il pollice della mano destra imita la mano sinistra del pianista in modo da porre gli accenti e suonare le parti basse del brano. Le altre dita svolgono il ruolo della mano destra e quindi suonano la melodia. I pezzi suonati in questo stile hanno spesso l’andamento di una marcia ed è un approccio che fu ideato da musicisti di colore che suonavano blues agli inizi del Novecento. Se si usano le dita è come se si usassero due, tre quattro o addirittura cinque plettri contemporaneamente, e ciò dà la possibilità di avere un rapporto più ricco di soluzioni. Seguendo questo metodo, anche un puro e semplice accompagnamento non sarà più solamente suonare semplici accordi, ma sarà in grado di sviluppare veri e propri arrangiamenti, avvicinando la chitarra ad uno strumento polifonico, non solo, ma essendo la mano destra libera dall’utilizzo del plettro, è possibile sfruttare l’indipendenza delle dita per colpire la cassa armonica e le corde in modo diverso e vario, aggiungendo un tratto percussivo all’esecuzione del brano. Il fingerstyle non deriva dalla chitarra classica, anche se ne ha subito l’influenza; in generale è qualcosa di diverso perché ha un approccio libero ed anarchico rispetto allo strumento, non ci sono tecniche né regole migliori di altre, dipende tutto dai chitarristi che hanno ovviamente sensibilità, gusto e persino manie differenti gli uni dagli altri.
La chitarra utilizzata per il fingerpicking è quella folk perché possiede una cassa armonica più grande, un manico più lungo e le sei corde sono di metallo, rispetto a quella classica.
Il fingerstyle moderno deriva dal folk americano sia per tecnica che per strumenti, ed è l’unione di quello nero (blues e jazz) con quello bianco (country e bluegrass). Ebbe la sua esplosione di popolarità alla fine degli anni ‘Cinquanta quando ci fu una riscoperta di vecchi bluesmen. John Fahey si laureò con una tesi sul grande Charley Patton, Stefan Grossman fu allievo di Reverend Gary Davis. Quando il blues si diffuse anche nella vecchia Europa, creando una serie di chitarristi che, partendo dalla tradizione statunitense, rispolverarono la musica folk del proprio continente attraverso la chitarra acustica fingerstyle e che ebbe i suoi pionieri in Davey Graham, Bert Jansch, e John Renbourn. I chitarristi fingerpicking utilizzano alcuni attrezzi che si chiamano ‘fingerpick’, che sono una specie di plettro che si infilano sulle dita e che funzionano da unghie artificiali. Sono di plastica oppure di metallo e contribuiscono a rendere il suono più duro e potente e permettono di non doversi curare le unghie. Ma il risultato è più freddo in termini di sound. Alcuni fanno uso di un solo fingerpick, quello per il pollice, detto ‘thumbpick’, è molto utilizzato per la chitarra folk americana, è usato come plettro ed è utile per alcune tecniche quali la pennata alternata oppure lo ‘strumming’.
Per concludere vi dirò una serie di chitarristi che fanno uso di fingerpicking, quello più noto in assoluto nel mondo rock è Mark Knopfler: nel 1990 realizzò un album dal titolo ‘Neck and Neck’ in compagnia del grande Chet Atkins che fu un suo mito in gioventù.
In linea di massima il rock trasse ispirazione dai chitarristi fingerstyle e in alcuni casi arrivò persino al plagio. Negli Stati Uniti possiamo citare tutta la scuola Takoma con a capo John Fahey, che fondò pure un’etichetta omonima per cui firmarono Robbie Basho, Leo Kottke, Max Ochs, Harry Taussig e che riportò in auge il grande bluesman Bukka White. In Gran Bretagna, ricordo i già citati Bert Jansch, Davey Graham, John Renbourn, Martin Carthy. Con l’inizio degli anni ‘Ottanta ci fu un fiorire di chitarristi acustici legati alla New Age quali William Ackerman, Michael Hedges, oppure strumentisti in grado di suonare qualsiasi genere come Tommy Emmanuel e Pierre Bensusan. Come potete vedere, c’è solo l’imbarazzo della scelta e del gusto personale.

Forse vi domanderete il motivo di questo mio articolo, e la risposta è che il giorno 26 maggio 2018 suonerà nel mio negozio Giulio Redaelli, un chitarrista che fa di questo stile la sua ragione di vita.










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