Coloro che hanno prestato attenzione alle voci di corridoio negli scorsi due anni possono finalmente gioire, le ristampe dei Felt sono pronte e vi potrete così deliziare le orecchie con uno dei gruppi underground più importanti e sottovalutati degli anni ottanta.
Rimasterizzati e disponibili in edizioni stilose apribili i cinque album di uno dei gruppi più amati della new wave britannica. Durante gli eighties i Felt produssero dieci album e dieci singoli per la Cherry Red e la Creation.
I primi cinque dischi verranno pubblicati il 23 febbraio 2018. Questi vinili, introvabili da anni, sono stati curati ed approntati da Lawrence che ne ha seguito il processo per fare in modo che fossero il più appetibile possibile.
Le edizioni in cd usciranno in un box formato 7” firmati da Lawrence stesso.
Secondo la casa discografica il 2018 sarà l’anno di Lawrence Hayward, io ne dubito perché non lo sono stati gli anni ottanta e neppure i novanta attraverso le varie incarnazioni del nostro.
Mi auguro che queste ristampe possano essere ascoltate da tanti anche se mi rendo conto che la loro musica, pur possedendo alcune caratteristiche mainstream, non sono alla portata di tutte le orecchie.
La Cherry Red aveva già ristampato in cd la loro discografia nel 1992 e nel 2003, ma erano risultate un po’ povere e senza passione.
Le nuove uscite sono state curate con criterio e nei minimi dettagli. Riascoltandoli a distanza di decenni posso notare la crescita artistica e compositiva del gruppo, il suono diventava sempre più maturo. Il problema fu che arrivarono troppo in anticipo sui tempi. Disegnarono il pop nelle sue varie sfaccettature: jangle, indie, dream e lounge. Il pubblico non era pronto e, infatti, premiò gruppi che a loro si ispirarono.
“Crumbling The Antiseptic Beauty”
L’ambizione di Lawrence era di pubblicare il miglior album inglese di debutto di sempre! Adrian Borland si offrì in questo difficile progetto, ma gli impegni collaterali con la sua band The Sound hanno impedito che ciò accadesse. Così Felt iniziarono una relazione con il produttore degli Swell Maps, John A. Rivers. Registrato e mixato in sei giorni, la band ebbe così un contatto deciso con la realtà, realizzando come la “dolcezza fruttuosa” della cieca ambizione non avesse poi riscontri nella vita di tutti i giorni.
“The Strange Idols Pattern And Other Short Stories”
Prima degli Stone Roses e dopo i Be-Bop Deluxe e Plastic Ono Band, John Leckie ha lavorato con i Felt. Prenotò uno studio metal / reggae nel deserto industriale di Birmingham, e scolpì come Michelangelo una fetta del nuovo rock, fatto di squisite trame di chitarra, del tutto diverse da altre esperienze musicali in città. Unire il pop con una sfumatura classica sarebbe così divenuto per i Felt un marchio di fabbrica.
“The Splendour Of Fear”
Lawrence sfugge ai contorni di una blanda città e si ritira nella sua mente. Si sentiva risorto dagli inferi alla ricerca di un nuovo orizzonte, ma riuscì solo a scivolare in una desolata oscurità! Fatto sta che le dense atmosfere e le chitarre acuminate di questo disco ci consegnano una band dall’identità idiosincratica che si affaccia su un futuro incerto ma non meno affascinante. È il disco più atipico nella loro carriera, che avrebbe anche condotto a scelte personali radicali, basti pensare al ritiro in un convento di Birmingham di Maurice Deebank.
“Ignite The Seven Cannons”
Prodotto da Robin Guthrie dei Cocteau Twins e con la voce di Elizabeth Fraser nel brano simbolo Primitive Painters il disco fu proiettato immediatamente in cima alle classifiche indipendenti. Insoddisfatto del suono complessivo, come se alcune delle migliori canzoni di Lawrence si fossero perse in un “turbinio etereo”, il nostro ha dato pieno accesso a John A. Rivers ai master originali, con sei canzoni integralmente remixate. Inoltre, il lato 2 è stato ulteriormente modificato e “reso simmetrico” nelle parole dello stesso leader. Il disco suona oggi esattamente come il gruppo ha sempre voluto.
“Seventeenth Century”
Precedentemente intitolato “Let the Snakes Crinkle The Heads to Death”, questo album è ora ribattezzato “The Seventeenth Century” – il nome originale dell’album è stato modificato al momento di andare in stampa in pratica. Questa inversione di ‘tendenza’ fu etichettata dallo stesso Lawrence come una terribile svista ed oggi un suo grande rimpianto ha modo di essere appianato. Qualcuno ha inveito: “Non puoi cambiare il titolo di un album” e lui di contro ha risposto: “Se i Kraftwerk e Bowie possono farlo, posso farlo anche io!!!” L’album usciva originariamente per Creation nel 1986.
Spero di avervi incuriosito, non fate l’errore di snobbare queste ristampe perché non ci potrebbe più essere l’occasione di fare vostro uno dei segreti meglio custoditi della musica alternativa britannica e non solo!!!
No responses yet