EMMA SWIFT: “Blonde On The Tracks” cover albumSe non avete mai sentito nominare Emma Swift non dovete preoccuparvi, in quanto stiamo parlando di una singer-songwriter australiana (ma che da anni vive a Nashville) che è discograficamente ferma all’EP d’esordio omonimo del 2014, al quale hanno fatto seguito solo un paio di singoli incisi con la collaborazione del noto musicista britannico Robyn Hitchcock, che, tra parentesi, è legato ad Emma anche dal lato sentimentale, visto che vivono insieme a Nashville. Dopo ben sei anni Emma si fa dunque viva con il suo primo vero album, e, come il titolo “Blonde On The Tracks” può far intuire, si tratta di un disco composto interamente da canzoni di Bob Dylan, grande passione sia di Emma che di Robyn, un lavoro al quale la bionda cantautrice aveva iniziato a pensare nel 2017 ma che si è decisa a mettere a punto solo qualche mese fa ‘approfittando’ del lockdown. Mentre Joan Baez e Judy Collins sono i nomi che più facilmente vengono in mente quando si pensa a dischi di cantanti femminili dedicati alle canzoni di Bob Dylan, ci sono state molte altre. Queste vanno dalle famose come Odetta, Thea Gilmore, Julie Felix, Barbara Dixon, Maria Muldaur, Barb Jungr e, più recentemente, Joan Osborne, ad artiste più oscure quali Lesley Mason, Beth Scalet, Janet Planet e cantanti soul (Bettye LaVette). Alla lista, ora, si può aggiungere la cantautrice australiana, partner e talvolta collaboratrice di Robyn Hitchcock che qui contribuisce con la chitarra insieme al musicista di pedal steel Thayer Sarrano e alla sezione ritmica degli Steelism, Jon Estes e Jon Radford. L’album è stato prodotto da Patrick Sansone dei Wilco.

Forse è facile dimenticare, a quasi 60 anni dall’inizio della sua carriera, che le canzoni di Dylan sono state rese famose da altri artisti con voci più dolci e più radiofoniche di quella che David Bowie in seguito descrisse come ‘un misto di sabbia e colla’. Tra il 1963 e il 1965, Joan Baez, i Byrds, Peter, Paul e Mary e molti altri hanno contribuito a trasformare Bob nella voce della sua generazione per le persone che non sopportavano la sua ugola. Alla fine la sua etichetta, la CBS, iniziò a pubblicizzarlo con la frase che ‘Nessuno canta Dylan come Dylan’. Il che è ancora vero, anche se quell’urlo non istruito – attraverso l’età, l’esperienza – si è trasformato in un canto e, infine, in un gracidio. Ora, tuttavia, potrebbe avere un rivale con il suo stesso titolo: nessuno ha mai cantato Dylan come la cantautrice australiana Emma Swift di Nashville. E forse nessuno (a parte Dylan) lo ha mai cantato meglio. L’album splendidamente intitolato “Blonde on the Tracks” è una raccolta di otto canzoni di sua maestà Bob che ha iniziato a registrare nel 2017 e completato all’inizio di quest’anno, quando è diventata la prima artista a interpretare “I Contain Multitudes”, dal nuovo album del nostro “Rough and Rowdy Ways”. Canta con chiarezza e vulnerabilità, con solo un accenno di vibrato, ma la chiave di queste performance è la sua salda comprensione del fraseggio e del tempismo di Dylan.

Nonostante ciò che suggerisce il titolo, questa non è una selezione di cover di “Blonde on Blonde” o “Blood On The Tracks”, ma una raccolta che va dai primi anni al più recente album di Dylan. Inizia con il numero più vecchio, una semplice chitarra tintinnante, rielaborazione di clic percussivi di “Queen Jane Approximately” da “Highway 61 Revisited” che ammorbidisce il morso acido dell’originale e poi salta al presente con “I Contain Multitudes”. Anche se leggermente più lungo, come l’originale, è un arrangiamento vocalmente intimo e stanco del mondo, qui con una leggera eco nella propria voce. Passando a “Blonde On Blonde”, un costante tonfo di batteria fissa, un’ispirata reinvenzione al sapore di pedal-steel di “One Of Us Must Know (Sooner or Later)”, il ritmo rallentato (la canzone ora dura più di un minuto), la consegna di Swift porta una nuova profondità emotiva al testo di rottura mentre l’arrangiamento si gonfia con l’arrivo del ritornello. Collegando il tema della relazione insoddisfatta, “Simple Twist of Fate” segna il primo dei due numeri di “Blood on the Tracks”, di nuovo più lento e più malinconico, il secondo è l’altrettanto emotivamente scoraggiato “You’re A Big Girl Now”, che chiude l’album in un’atmosfera da club con organo blues e rullante e percussioni di Radford. Ci sono un paio di selezioni meno ovvie: “Going, Going, Gone” è da “Planet Waves”, mentre “The Man in Me” è da “New Morning”, due degli album dei primi anni ’70 relativamente trascurati di Dylan, e Swift illumina entrambi. Il pezzo più coraggioso è la corsa di 12 minuti attraverso “Sad Eyed Lady of the Lowlands”, l’immensa traccia di chiusura di “Blonde on Blonde” con un arrangiamento da sontuosa ballata folk-rock cantata al solito in maniera sopraffina.

Swift ha avuto una carriera piuttosto bloccata fino ad oggi, rilasciando pochissima musica da quando è venuta alla ribalta con un acclamato EP omonimo nel 2014. Secondo Emma, l’idea di “Blonde on the Tracks” è nata da un lungo periodo di depressione e di blocco dello scrittore. Potrebbe essere la sua rinascita. È un bellissimo lavoro di una cantante con un raro dono interpretativo, paragonabile a “Wrecking Ball” di Emmylou Harris nel suo intento, esecuzione e intimità!!!


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