“Our version of music. Guaranteed to satisfy the most tolerant listener.”
Tutto ha inizio negli anni ’80 quando alcuni amici che frequentavano la stessa università fondarono la fanzine “Travel & Fist” nel tentativo di fare qualcosa di eccitante, come ricorda Rian Murphy, che diventerà uno dei capisaldi dell’etichetta.
La Drag City nasce letteralmente nella cucina di Dan Koretzky nel 1989, a Chicago, con la collaborazione di Dan Osborn, Rian Murphy e pochi altri giovani intraprendenti. Per alcuni anni l’appartamento di Koretzky è stato il punto d’incontro con gli artisti ma anche la base operativa di tutte le attività dell’etichetta.
Così, poco a poco, questo progetto collettivo si è concretizzato con la nascita di una vera e propria label, che nei primi anni di attività ha lavorato come una sorta di cooperativa.
Il primo gennaio 1990, col numero di catalogo DC1, vede la luce il 7” “Hero Zero” dei Royal Trux, assidui frequentatori di casa Koretzky a qualsiasi ora del giorno e della notte.
Nelle parole di Jennifer Herrema, una metà dei Royal Trux, un bello spaccato dell’atmosfera senza preconcetti che si respirava: “The odd thing that’s cool is that Drag City doesn’t say, ‘This is what we are.’ It says kinda like, ‘I don’t know what the fuck we are. We aren’t anything.’”
[“La figata è che Drag City non dice ‘Questo è quello che siamo’, ma dice piuttosto ‘Non so cosa c***o siamo, noi non siamo nessuna cosa”].
Dunque, nessuna direttiva estetica e nessuna brama di successo commerciale in casa DC, infatti nei Novanta non c’era nulla di più out del formato 7” e del vinile in generale, visto che è stato il decennio che ha sancito la vittoria schiacciante del cd sul disco, e questa scelta evidenzia la prospettiva non convenzionale dell’operato dell’etichetta.
Allora, com’è che una sterminata lista di artisti è giunta alla corte di Drag City?
All’inizio Koretzky and company determinavano le loro scelte selezionando musicisti tramite l’ascolto indiscriminato di tutto ciò che arrivava loro ed avvalendosi del passaparola degli artisti già scritturati; alla fine, l’unico parametro era quello del ‘questo ha qualcosa da dire’ o ‘questo mi intriga’, indipendentemente dal genere musicale, restando sempre lontano anni luce da qualunque proposta mainstream. Molto spesso gli artisti scelti da Drag City, o che hanno scelto Drag City, hanno raggiunto una certa fama anni dopo esser stati stampati dall’etichetta, come appunto Royal Trux o Pavement, di cui pubblicarono nel giugno del 1990 l’EP ‘Demolition Plot J-7’.
“We’re selected as often as we are selective, which makes describing the process difficult at best. The screening process is sort of like a nightmare version of “America’s Got Talent” (a double nightmare?) – but we’re the ones breakdancing in front of the judges! When it IS our call, we’re looking for motherfuckers who GET IT. “IT” being extremely subjective”
[“Siamo scelti tanto quanto siamo noi a scegliere, il che rende molto difficile spiegare il come. Il processo di scelta è una sorta di versione da incubo di “America’s Got Talent” (un doppio incubo?) – ma siamo noi quelli che si esibiscono di fronte ai giudici! Quando la chiamata è nostra, stiamo cercando dei figli di *** che ‘ce l’hanno’. Il COSA debbano avere è estremamente soggettivo”]
Nel 1994 la DC è arrivata ad avere il primo dipendente, una sede più appropriata e addirittura un collaboratore a Brixton, Londra, che monitorava ciò che succedeva in UK e in Europa in generale. L’attitudine alla collaborazione totale tra i membri dell’etichetta e gli artisti coinvolti ha fatto si che in molti casi il rapporto risultasse duraturo, anche perché basato su un forte rispetto per il lavoro dei musicisti. La fiducia non viene meno nemmeno nel caso di un disco non riuscito.
La grande varietà delle proposte ha dato un aspetto di estrema freschezza al catalogo della label, che si è arricchito ulteriormente grazie al materiale che nel corso degli anni la DC ha iniziato a ristampare, perché come dice Rian Murphy, un disco dimenticato risulta come nuovo alle orecchie dei giovani… e un disco nuovo, che prima o poi sarà ristampato, avrà lo stesso destino, creando così una sorta di continuum temporale e musicale.
La logica del profitto in generale e del profitto immediato in particolare è completamente avulsa dal modo di procedere dell’etichetta, perché c’è la consapevolezza che ciò che passa inosservato quando esce può risultare interessante in futuro o diventare addirittura un successo.
La sfida più grande che finora l’etichetta ha vinto è senza dubbio quella di non essersi mai venduta alle majors, restando una vera eccezione. Il segreto è essere abituati a lavorare con margini ridotti e mantenere ben saldi i piedi a terra.
Dal 2009 esiste il sito ufficiale, che è una fonte inesauribile di comunicati e informazioni sulle attività svolte, dalle pubblicazioni dei titoli stampati alle notizie relative alle tournée degli artisti, senza mai esimersi dall’esprimere il dissenso sulle logiche commerciali e capitalistiche che governano il mondo della produzione e della distribuzione della musica a livello globale.
Alla Drag City la musica è considerata espressione artistica, non prodotto commerciale.
Scorrendo la lunghissima lista dei musicisti della DC si nota che ci sono artisti che hanno un certo mercato, come Bonnie Prince Billy (con tutti quanti i suoi alias), Bill Callahan (anche come Smog), Ty Segall, High Llamas; ci sono nomi blasonati e forse un po’ in disuso, come Scott Walker di cui hanno ristampato “Tilt” nel 1997; ci sono nomi che si situano in una zona di mezzo tra il fare musica e l’intrattenimento intelligente, come Neil Hamburger; ci sono rappresentanti del folk scozzese come Bert Jansch e Alasdair Roberts, e americano come Sandy Bull; neppure un terrorista sonoro come Merzbow manca (“Rainbow Electronics II”, 1996).
Chi volesse conoscere meglio l’universo DC e immergersi nel suo sito ufficiale (https://www.dragcity.com/) non potrebbe fare a meno di rendersi conto che in questi decenni l’etichetta non ha mai smesso di stampare anche in lp, 7” e 12”, il che, fino a pochissimi anni fa, sarebbe sembrata una scelta fuori dal tempo. Ma come spesso accade, DC si è mostrata lungimirante e paziente, visto che ora il vinile è la scelta in.
Nel 2018 arriva la concessione alla contemporaneità a livello di medium, così gran parte del catalogo è ora disponibile sulle piattaforme di Spotify, Tidal, Apple Music, e visibile su Youtube.
Qui qualche scelta inconsueta, ai più bramosi consigliamo un ascolto massivo e senza pregiudizi dello sterminato catalogo, sicuri che troveranno veri momenti di piacere.
“Have a Drag – pure gold and solid-rock platitudes.”
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