Il ventottenne Daniel Bachman torna a casa, in Virginia, per registrare il suo nuovo album, l’ottavo della sua discografia. Un lavoro che possiamo tranquillamente definire quello della maturità, quello che gli appassionati si aspettavano dopo le convincenti prove precedenti.
Forti sono le influenze dell’attualità che sta vivendo l’America con una delle peggiori presidenze che si siano mai viste, in cui si vuole pensare solo al bene degli americani e infischiarsene del resto del mondo.
Daniel mischia antico e moderno, avanguardia e folk. Non è un disco di facile ascolto, la sintesi operata è attenta ad ogni minimo dettaglio tra la musica e gli arrangiamenti ad essa associata.
Ci sono brani lunghi quali “Invocation” di diciotto minuti e “New moon” di tredici minuti in cui il nostro va alla ricerca di sonorità ricercate e sperimentali, ma che rimangono sempre fruibili nella scelta delle atmosfere e anche dei field recordings.
Nel mezzo troviamo l’assoluta bellezza di “Song for the setting sun III e IV” che mettono in mostra la classe e la bravura di questo giovane chitarrista, la cui carriera va seguita con attenzione affinché la musica di qualità non resti patrimonio di pochi.


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