CORNERSHOP: “England Is A Garden”Sono passati ben ventitré anni da quando “Brimful of Asha”, grazie anche al remix di Norman Cook, diede ai Cornershop fama e successo. Il loro mix di glam rock, musica di Bollywood, ritmi spensieratamente ballabili si rivelarono decisamente vincenti. Ma come spesso accade il rischio era quello di restare per sempre legati a una sola canzone. In parte l’affermazione è veritiera, ma i nostri seppero pure affrancarsi da quel pezzo, prendendosi poi lunghe pause tanto da venir simpaticamente definita un po’ … pigri.
Le uscite degli album a nome del ”negozio all’angolo”, che nello stereotipo indica le botteghe gestite dagli asiatici, sono state soltanto nove in venticinque anni di attività. E ora eccoli tornati in piena forma con “England Is a Garden”, la loro opera più compatta e migliore da tempo. Anche questa uscita è per la loro etichetta Ample Play e vede il duo Tjinder Singh – Ben Ayres in forma smagliante.
Questa nuova pubblicazione non vede nessuna collaborazione, solo i Cornershop con il loro blend di pop, rock, psichedelia e Bollywood. Ancora una volta la loro musica risulta gradevole fin dalle prime note di “St. Marie Under Canon” che riflette sugli effetti nefasti del colonialismo e “Slingshot” con la voce di Tjinder Singh distorta, quasi robotica o della solare “No Rock Save In Roll” col suo gioioso, grintoso groove californiano. La formula, ormai ben riconoscibile dell’indie rock dei Cornershop, rimane salda, ma qui c’è l’utilizzo di una vasta gamma di strumenti che comprendono gli archi e i fiati, un’elettronica dal suono vintage, oltre naturalmente a strumenti tradizionali indiani come il sitar e le tabla. Non pensiate ad un suono troppo gonfio ed enfatico perché gli arrangiamenti risultano misurati ed equilibrati in modo che il risultato è quello di un lavoro che sprigiona felicità e gioia, divertito e divertente.
Ma come sempre i Cornershop non abbandonano i temi politici, la polemica contro razzismo e nazionalismo. Singh e Ayres si sono recentemente lamentati che nella musica inglese di oggi si parla troppo poco di politica e cercano di fare la loro parte nell’orecchiabile “Everywhere That Wog Army Roam” che riprende i temi già trattati con “Wog” in “Woman’s Gotta Have It”. Poco o nulla sembra essere cambiato per i Cornershop che si lasciano spesso andare a lunghe code e intermezzi musicali (in “Highly Amplified”ad esempio o in “Cash Money”) prima di ritrovare la via del rock melodico a forti tinte psichedeliche di “I’m A Wooden Soldier”. Chiude il tutto “The Holy Name”, lunga quasi nove minuti.
Niente di nuovo, ma divertimento assicurato e quella freschezza e quel senso di libertà e irriverenza che sono da sempre connaturati al rock’n’roll!!!


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