CLEOPATRICK: “Bummer” cover album“Bummer” è l’album d’esordio dei Cleopatrick, duo canadese composto da Luke Gruntz e Ian Fraser con alle spalle due EP (“14” del 2016 e “The Boys” del 2018). L’album si compone di dieci tracce del tipico (hard-alt) rock da duo: materiale diretto e riff-centrico che ha fatto la fortuna di band come i Royal Blood.

Mentre i Royal Blood sono partiti alla ricerca di nuovi territori funky, i Cleopatrick conoscono il valore di restare vicino a casa. Due amici fin dall’asilo, “Bummer” è ricco di riferimenti serrati e di una visione singolare che deriva dall’essere cresciuti in una città così piccola che non riuscivano letteralmente a trovare un bassista, riducendo il loro suono a solo batteria e chitarra. Fortunatamente, il loro numero è tutt’altro che un limite.

Nessuno nel rock in questo momento suona come Luke Gruntz – il prodotto di una fottuta rissa da bar tra Caleb Followill e Adam Levine, comanda una presenza intimidatoria, la lingua che continua a versare sangue intorno alle sue vocali confuse. Brandendo una chitarra a mazza, immerge i riff nella melassa e osserva lo splatter: una versione gutturale del garage rock che prende coraggio dall’essere ‘il perdente’.

Anche se l’atmosfera primordiale si trascina un po’ nella sezione centrale (sia “Why July” che “Peppers Ghost” potrebbero avere un po’ più di ritornello), c’è abbastanza nei testi iperspecifici di Cleopatrick per darti la caccia al tesoro fino alla fine.

Le percussioni di ‘No Sweat’ incorniciano un grande ritornello pop-punk, e ‘The Drake’ è ancora uno dei singoli rock più intriganti dell’anno, lo stile vocale run-on di “Here” di Alessia Cara destinato all’oblio. Quando il duo arriverà sulle coste del Regno Unito, ci sarà una carneficina. Non tutto di “Bummer” è ancora completamente perfezionato, ma c’è molto per cui sentirsi ottimisti.

Con una mano su una Les Paul e l’altra su un laptop, il disco è stato forgiato con sangue e acciaio. La sua alchimia è mettere i soldi dove la tua bocca è rock and roll, con le tracce “Victoria Park”, “The Drake” e “Good Grief” che incanalano il tipo di rock sporco che ti fa venire voglia di stringere i denti e sbattere i pugni (o i nemici) contro un armadietto.

Il breve interludio “Ya” arriva in un momento di benvenuto. È una lenta e cupa tregua dal suono apocalittico di “Why July” e un’introduzione pepata a “2008”, una traccia lunatica che ad alcune orecchie potrebbe sembrare incongrua per il disco come progetto completo. Con una voce spogliata che potrebbe essere al rallentatore, è una traccia rabbiosa e carica di anima che dice qualcosa sulla vulnerabilità della creazione di musica.

È un album fatto per essere suonato forte e rumoroso, ascoltato a tutto volume dai finestrini delle auto e facendo cavalcate tra folle senza volto. Permettetemi una previsione. Quando i ragazzi potranno esibirsi su un palco, la loro esibizione verrà ricordata dai presenti come una delle migliori della loro esistenza. Oppure come una delle peggiori!!!


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