CHORUSING – ‘Half Mirror’ cover albumNel suo album di debutto, “Half Mirror”, Matthew O’Connell sovrappone caldi sintetizzatori analogici a un ‘folk confessionale’ con un risultato cosmico e terreno allo stesso tempo. Registrato a casa nelle montagne della Carolina del Nord utilizzando un delay a nastro vintage, una chitarra elettrica e un sintetizzatore auto-progettato chiamato ‘Balsam’, il disco è, allo stesso tempo, un intimo affare elettronico nobilitato da ovattati arrangiamenti folk. La storia di O’Connell è segmentata in modo altrettanto accattivante. Con canzoni che risalgono a 10 anni fa, “Half Mirror”, la prima uscita di Chorusing, riflette sull’incapacità di una persona di rivivere qualcosa al di fuori del momento. I ricordi si spostano e cambiano, proprio come è successo al musicista.

Ispirato agli artisti dei primi anni ’20, il tema della retrospettiva si abbina all’inquietante e ponderata immobilità delle canzoni, in particolare “Billowing” e “Watching the Beams”. La seconda riflette sul viaggio attraverso un tunnel della metropolitana e sull’avere un attacco di panico mentre il treno si fermava. Quello che segue è il risultato di come sia stato in grado di alleviare l’attacco ascoltando ‘suoni che passano dentro e fuori fuoco, luci che lampeggiano attraverso le finestre, il rumore dei brani’. Nonostante utilizzi un arpeggiatore, una drum machine e un pedale fuzz, per non parlare di un ‘reverse delay’ sulla voce, vive ancora in un mondo folk, anche se ai margini.

Mentre c’è un forte suono di synth in tutto, l’album si snoda tra un’elettronica leggermente Avante Garde e una chitarra folk più morbida e confortante. La combinazione di questi diversi stili forma una collezione unica e meditativa. Come è spesso inevitabile con la musica che si concentra espressamente sul passato, c’è una tristezza intrinseca, ma stabile e pacifica.

La natura emotiva di O’Connell brilla particolarmente in “Blue Ridge”, “Midday Sun” e “Ohio”. Disegnando sottili somiglianze tra la leggenda del tardo folk – e influenza musicale di Matthew – John Martyn, sebbene lo stile di scrittura e canto non sia angosciato come quello dell’artista scozzese. C’è tuttavia un respiro che si presta all’atmosfera inquietante del disco. Proprio come gli strumentali dell’album, contiene una qualità molto grezza: la traccia di apertura “Cold”, in cui puoi ascoltare il cantante che si armonizza liberamente con gli echeggianti tintinnii della sua chitarra.

Realizzato a casa sua utilizzando una strumentazione parca tra analogico e digitale, questo lavoro è un’istantanea nel passato del nostro e possiede un’innata capacità di trasportarti in un luogo ben preciso. È molto diverso dal tipo di folk che evoca scene intime di canzoni da falò, invece “Half Mirror” si sente contemplativo e strutturato attorno alla solitudine e alla lontananza.

Ogni traccia è sposata nell’evocare un senso simile di un vasto paesaggio nebbioso e fosche mattine malinconiche, anche se il finale dell’album lo fa particolarmente bene. Chiudendo con l’opportunamente atmosferico “Mirror”, il suono di un drone che si piega dentro e fuori il tono, proprio come il peso piuma nella voce di Matthew, lascia l’impressione di un lungo addio.

È riuscito a creare un’opera attraverso un nuovo linguaggio e significato che danno forma a suoni e testi che rendono “Half Mirror” qualcosa di assolutamente unico!!!


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