Sono ormai trascorsi quattro anni da quando Charlie Haden ha abbandonato questa valle di lacrime, ma non mancano occasioni per poterlo ascoltare con materiale inedito.
Come ben sapete Haden è stato una delle figure più importanti nel mondo del jazz, sia per il modo di suonare il contrabbasso in cui ha sempre preferito approcciarsi in modo razionale e non di pancia e quindi muscoloso, sia per essere stato musicista fondamentale in tanti gruppi storici del jazz quali quello di Ornette Coleman, di Keith Jarrett, Archie Shepp e Paul Bley oltre ai suoi progetti personali tra i quali mi piace ricordare la Liberation Music Orchestra, gli Old and New Dreams ed il Quartet West.
Bisogna altresì ricordare una sua particolare caratteristica cioè il piacere di suonare in duo, arte di non facile approccio che il nostro riuscì ad elevare con partners di eccezionale spessore. Tra questi ricordo con gioia ed emozione Kenny Barron, Hank Jones, Gonzalo Rubalcaba, Jim Hall, Egberto Gismonti. A questo club si iscrive ora anche lo straordinario pianista Brad Mehldau, uno dei più significativi dei giorni nostri.
Si conobbero ad un concerto del 1993 presso la sala dell’Hidden Valley Resort in cui Brad fu stupendo protagonista come pianista nel quartetto di Joshua Redman.
Si ritrovarono a suonare insieme in diverse occasioni quasi come rodaggio per lo splendido album, a cui si aggiunse un altro gigante come Lee Konitz, pubblicato nel 1997 dalla Blue Note dal titolo “Alone together”.
Un’altra magica esibizione la possiamo ascoltare sul disco ECM del 2011, a cui si aggiunse al trio il fenomenale batterista Paul Motian, dal titolo “Live at Birdland”.
Ora giunge inaspettata questa registrazione Impulse! di un concerto del 5 novembre 2007 durante l’Enjoy Jazz Festival a Mannheim di proprietà del direttore della manifestazione Rainer Kern. In realtà i due non diedero il permesso per la registrazione in questione, ma non vennero ascoltatati, possiamo affermare fortunatamente.
Il lavoro è composto da sei tracce. Si va dalla parkeriana “Au privave” che subisce un trattamento che la rende cerebrale rispetto all’originale, al vecchio standard “My old flame” resa con una eleganza ed intensità come mai prima d’ora. La title track è eseguita a tempo medio-rapido alla maniera del mai dimenticato Chet Baker. Il disco si conclude alla grande con la parte migliore del concerto grazie a due riletture quasi sovradimensionali e di una beatitudine che porta l’ascoltatore in lidi paradisiaci.
Si tratta di un’opera che non riserva sorprese ad un ascolto superficiale, ma che invece presenta un Mehldau che usa un piano differente, possiede un timbro più chiaro, il tocco è sempre più espressivo e ricco di sfumature.
Non mancate di ascoltarlo, verrete premiati da due musicisti in stato di grazia!!!


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