CECILE MCLORIN SALVANT – ‘Ghost Song’ cover albumAttiva nel mondo del jazz vocale fin dalla tenera età – 8 anni, per l’esattezza – la cantante e cantautrice americana Cécile McLorin Salvant ha avuto tutto il tempo per affinare lentamente le proprie qualità. Dopo aver ottenuto il successo iniziale, dopo aver vinto il Thelonious Monk International Jazz Competition nel 2010 – oltre ad aver pubblicato il primo disco, Cécile poco prima – il concorso l’ha aperta ad un contratto discografico con la Mack Avenue Records, con la quale è rimasta per quattro album.

È stata questa collaborazione che ha dato vita a celebri dischi come “Dreams and Daggers” del 2017, una registrazione di quasi due ore con pezzi dal vivo dal Village Vanguard e riprese in studio. Anche se dal suo debutto omonimo le uscite consistevano principalmente in standard di Duke Ellington, Cole Porter e altri, Salvant ha sempre incluso i suoi lavori nei procedimenti, ma non tanto quanto la sua ultima registrazione “Ghost Song” – con sette originali insieme alle cinque interpretazioni di standard jazz, canzoni pop e canzoni popolari tradizionali. Segnando il suo esordio con l’etichetta Nonesuch Records, il nuovo rilascio è una cronaca di nostalgia, fantasmi e desiderio, nonché un’esplorazione della multiforme personalità musicale della nostra. Ma, nonostante l’argomento apparentemente cupo, non sono tutte melodie lunatiche; un autodefinito ‘curatore eclettico’, la performance di Cecile spazia da opere strumentali, a brani ottimistici in stile teatro musicale, a, sì, la strana ballata fumosa.

Mette deliberatamente in sequenza “Ghost Song” come uno specchio musicale: il disco si apre e si chiude con un sean-nós, una forma di canzone tradizionale irlandese per voce non accompagnata, la prima delle quali intreccia nella hit di Kate Bush del 1978, “Wuthering Heights”, a sua volta ispirata al classico gotico su cui Salvant ha trascorso gran parte della pandemia, scegliendo infine di rendere omaggio ad esso in forma musicale con il suo tocco personale. La traccia conclusiva “Unquiet Grave” utilizza in modo simile la forma sean-nós per la canzone popolare inglese del XV secolo, concludendo la narrativa spettrale con un inquietante chiusura. All’interno dell’opera, tuttavia, la cantante ci conduce attraverso molti colpi di scena – mentre l’inizio vivace della seconda traccia “Optimistic Voices” provoca una sorta di colpo di frusta tonale, la seconda metà “No Love Dying” la vede cantare su una ballata meravigliosamente sommessa, con una strumentazione intricata inserita per buona misura.

Lo ‘specchio’ è capovolto intorno al punto centrale della raccolta, l’inquietante “I Lost My Mind” costruita attorno a una melodia ciclica di un organo a canne e armonie vocali dissonanti: l’interpretazione musicale di Salvant della vita in isolamento. In effetti, gran parte di questo disco è stato scritto in quella condizione – non solo Cecile mostra le proprie numerose indulgenze musicali, ma riesce anche a mostrare capacità di narratrice – quando arriviamo a “Unquiet Grave”, le posizioni sono cambiate, avendo iniziato l’album su “Wuthering Heights ” è perseguitato da un amante del passato, la nostra ora infesta la sua tomba.

Nonostante l’argomento apertamente soprannaturale, “Ghost Song” finisce per realizzare l’opera più personale di Cécile McLorin Salvant fino ad oggi, pur essendo la sua più diversificata!!!


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