Oggi è la seconda volta che vi parlo dell’attività musicale di Cooper Crain, non solo membro dei Bitchin Bajas, ma anche del quintetto dei Cave. Anche in questo caso il lavoro esce per i tipi della Drag City. È un album che si compone di sei tracce ed esce a distanza di cinque anni dal precedente “Threace”.
Si tratta di un disco spiazzante per coloro che hanno fatto conoscenza del gruppo all’inizio di carriera, quando proponevano una psichedelia chitarristica di stampo neokraut, perché si trovano ora di fronte ad un sound ricco di groove che sconfina palesemente nella storia della musica nera, dal soul al R’n’B, dal funky alla disco. Le avvisaglie erano già presenti nel disco precedente, quello della svolta che vide la band modificare il proprio assetto grazie al quale Cooper Crain riesce a concentrarsi meglio sulle proprie tastiere per merito dell’ingresso in formazione del chitarrista Jeremy Freeze che è musicista con idee a più largo raggio.
Le sonorità di “Allways” sono lunghe cavalcate ritmiche che fanno battere il piedino e ci coinvolgono piacevolmente. In passato l’aspetto rilevante per quanto riguarda le figure ritmiche era il “motorik” tedesco, oggi guardano verso la black music e la musica dei terzi mondi, volgarmente detta world con gli esempi di “The Juan” con un flauto che si muove su e giù, oppure “San Yago” dall’andamento che ci induce ad una sorte di catalessi.
Non sono del tutto spariti gli elementi rock, ma sono molto più vicini a quelli di stampo classic anche per un uso degli strumenti, organo e chitarra, che nel brano “Aharaha” ci conducono direttamente ai Doors.
Altre volte sembra di essere nei settanta delle colonne sonore blaxploitation (“Dusty”), oppure ci si lancia in una psichedelia di tipo rituale (la lunga “Beaux”).
Dopo un primo momento di incertezza mi sono lasciato coinvolgere sempre più dal contenuto di “Allways” che mi ha soddisfatto e lasciato il sorriso sulle labbra.
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