CASSANDRA WILSON: “Blue Light ‘til Dawn” cover albumLa prima volta che ascoltai questo album, quasi trent’anni fa, rimasi a bocca aperta tanto fu lo stupore che generò in me. Mi impressionò la presenza sonora e la voce, sembrava quasi che Cassandra fosse presente nella stanza in cui il lettore suonava il disco, era come se la Wilson cantasse solo per me ad un paio di metri di distanza dalla mia postazione. Fu una sensazione magica!

Cassandra Wilson ha iniziato come cantante jazz, ma presto ha cercato l’ispirazione anche fuori da questo mondo, iniziando ad integrare nelle sue esibizioni gospel, blues e pop. “Blue Light ‘Til Dawn”, il primo album a registrare questo cambiamento artistico della vocalist americana, propone la dolcezza di “Come On in My Kitchen” e “Hellhound on My Trail” di Robert Johnson, il soul di “Children of the Night” di Thom Bell e Linda Creed, il pop di “Tupelo Honey” di Van Morrison e l’intramontabile “You Don’t Know What Love Is” firmata da Don Raye e Gene Depaul. Lavorando con un piccolo gruppo di inventivi jazzisti newyorkesi, il suono di “Blue Light ‘Til Dawn” è invitante ed intrigante, riuscendo a mettere insieme pezzi dalle estremità più disparate della musica popolare. L’opera ebbe un grande successo perché era, ed è ancora oggi, un disco unico in quanto racchiude l’energia incontenibile di chi, dopo aver fatto un balzo in avanti, sta scoprendo nuove forme espressive.

La nostra non volle più essere incasellata o confinata a qualsiasi formula stilistica. L’artista afroamericana mise a rischio la sua carriera con “Blue Light ‘til Dawn”, un album di standard blues, folk e pop con chitarre acustiche e tamburi a mano i suoi strumenti di supporto più importanti. Fino a quel momento la Wilson era conosciuta come cantante jazz ed erede di artisti del calibro di Betty Carter, Abbey Lincoln e Carmen McRae, il suo catalogo un intrigante mix di brani jazz tradizionali e funk intricato. Nell’esordio su Blue Note, ha scelto di rielaborare brani di Charles Brown, Joni Mitchell, Van Morrison, Ann Peebles e, in particolare, Robert Johnson, tra gli altri (anche gli ascoltatori attenti hanno ascoltato una citazione da un brano di Jimi Hendrix.) Profondamente radicato nel blues, “Blue Light ‘til Dawn” ha offuscato i confini tra il jazz e altre categorie.

Il canto di Cassandra Wilson nella canzone iniziale, “You Don’t Know What Love Is” di Don Raye e Gene DePaul, è sensuale e assonnato, suona come l’espressione di saggezza trovata in un brutto sogno: ‘Non sai cosa sia l’amore finché non hai imparato il significato del blues, finché non hai amato un amore che hai dovuto perdere’. Con la voce di Wilson, la chitarra di Brandon Ross e il violino di Charlie Burnham che danno al brano più dolore, la canzone è contemplativa, lenta, disperata, mentre Wilson canta di un ‘amore che non può vivere ma non muore mai’. È un inizio stranamente, persino pericolosamente, incantevole. La voce si fa popolare e forte in “Come On In My Kitchen” di Robert Johnson, una canzone sui tempi duri e sulla solitudine, che racchiude implicazioni sia di generosità personale che di stregoneria. Brandon Ross è alla chitarra, suona un ritmo irregolare; e Tony Cedras è alla fisarmonica. Nella canzone che segue, una dichiarazione di impegno e una richiesta di pazienza, “Tell Me You Wait for Me”, una composizione di Charles Brown e Oscar Moore, la voce di Cassandra Wilson è prima morbida nel suo chiedere, poi oscuramente indagatrice; e la traccia presenta Kenny Davis al basso e Kevin Johnson al rullante, che manifestano un’atmosfera jazz. L’assoluta padronanza del tono di Wilson è evidente in “Hellhound on My Trail” di Robert Johnson, una canzone che dichiara ‘devo continuare a muoverti, il blues cade come una grandine’. Non sembra cercare di affascinare o esprimere emozioni: suona così profondamente nella canzone che sta vivendo la sua storia. Con lei, Olu Dara è alla cornetta e Brandon Ross alla steel-string guitar. L’arrangiamento è ridotto ai minimi termini, ma esercita un forte potere sull’ascoltatore. Da applausi quando interpreta Van Morrison in Tupelo Honey (ma si può dire che qui dentro diventi un pezzo della Wilson, senza problemi), oppure si apre ad un anthem esclusivamente vocale come “Sankofa”, che per qualsiasi altra cantante sarebbe irraggiungibile. E quando meno te l’aspetti arriva un jazz-pop d’autore nella title track, segnato dal timbro indelebile della slide guitar di Gib Wharton.

Rimane un momento unico nella sua discografia, non ha più toccato simili vertici artistici. Il mio consiglio è di non farsi sfuggire questa ristampa in vinile targata Pure Pleasure!!!


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