CARSON McHONE – ‘Still Life’ cover albumCon “Still Life”, Carson McHone dimostra quanto sia ampio lo spettro musicale ‘Americana’; suscitando il proprio personale crogiolo di sperimentazioni sonore e influenze per creare un terzo album diversificato.

Dall’ascolto diventa chiaro il motivo per cui è stata paragonata ad artisti del calibro di Gillian Welch. In tutto il disco, mostra una simile padronanza dei testi poetici, scritti dalla sua città natale di Austin, in Texas, poi portati a nord oltre il confine con il Canada, per essere arrangiati e registrati con il produttore Daniel Romano in Ontario.

La title track ha linee di chitarra complicate e un autentico calore americano che si muove avanti e indietro attorno alla voce diretta di McHone. Fa un cenno alla band di Tom Petty, gli Heartbreakers, in “Hawks Don’t Share”, con le sei corde da duello, la consegna economica e il sottofondo power pop, mentre canta: ‘Ho un debole per la tua follia e il tuo feroce abbraccio / E la quieta violenza che hai in faccia’. Questo approccio pop-oriented si sente anche in “Someone Else”, una traccia nervosa e urgente, e in “Only Lovers”, con un arrangiamento ironicamente allegro.

Al suo meglio, “Still Life” soddisfa ogni punto debole emotivo e musicale, forse in particolare con “Sweet Magnolia”, mentre Carson cerca di evitare di guardare indietro con gli occhiali rosa, catturando liricamente le sfumature delle ineguagliabili e nitide evocazioni di Randy Newman del luogo e dei tempi. In “Fingernail Moon”, cori di armonie celesti e stratificate esplorano la sincera speranza di ‘trovare un nuovo linguaggio da usare in modo da non essere confusi’.

Andando in una direzione completamente diversa, “Spoil on the Vine” presenta una chitarra che suona sotto la voce distorta ed echeggiante della nostra, rendendo il sentimento della composizione più distante e ultraterreno, mentre lei supplica: ‘Non piangeresti nelle mie orecchie così posso ascoltare le tue lacrime’.

In contrasto con le costruzioni e gli strati più elaborati altrove, tre pezzi riducono deliberatamente tutto e lo riportano alle origini. “End of the World” ha le sei corde acustiche che si disperdono sotto la voce raddoppiata di McHone. “Folk Song” è all’altezza del suo nome, con una melodia acuta e una consegna folkloristica dei testi, inclusa l’osservazione stanca del mondo che ‘tutto il senso in tutto questo mondo rotondo non mi salverà mai da me stesso’.

Portando questa formula all’estremo, il numero di chiusura appropriato, “Tried” è breve, essenziale e ridotto a quasi nulla, solo voce e semplice chitarra. Forse l’autrice sta chiedendo agli ascoltatori di riflettere attentamente su ciò che hanno sentito quando ha finito l’intero disco con la supplica, ‘quando lo scrivi, dì che ci ho provato’.

Spogliato o in piena regola, c’è qualcosa per tutti coloro che amano l’America qui: Carson McHone sta davvero flettendo i muscoli musicali. Molto promettente!!!


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