Con l’andare del tempo sono diventato sempre meno integralista, mi son lasciato coinvolgere da tanti generi musicali perché ho compreso che spesso sono interconnessi gli uni con gli altri. Mi piacerebbe che la stessa cosa accadesse a voi che mi leggete, che proviate a superare gli steccati che frequentemente non ci permettono di ascoltare dischi bellissimi a causa dell’appartenenza a un tipo di musica che si considera a priori fuori dai nostri gusti.
Credo che pochi di voi conoscano Ana da Silva e quasi nessuno Phew. La prima fu una delle fondatrici delle Raincoats, mentre la seconda è nota per la sua attività di improvvisatrice di elettronica analogica, benchè in passato abbia fatto parte di una band dal nome Aunt Sally.
Si sono unite per dar vita ad un album che, per scelte musicali, appartiene all’artista giapponese molto di più di quanto possa essere della portoghese. Il suono che esce dai solchi è ostico, ritmicamente sembra un vinile che salta, sono presenti synth in gran quantità ora acidi altre volte ossessivi a volte privi di senso. Su un tappeto sonoro di questo tipo si inseriscono le voci che emettono frasi, urletti che si perdono nell’ambientazione sonora.
A volte mi hanno ricordato i primi Cabaret Voltaire che sono stati un gruppo fondamentale nel presentare al mondo un tipo di elettronica industriale e glaciale come un iceberg, ma se ne distaccano leggermente grazie al contributo di Ana che rende più umane le composizioni soprattutto nel finale del lavoro.
“Konnichiwa!” ha un andamento lento e solenne che emana un retrogusto western quasi a sentire i grandi Wall of Voodoo, quelli con la presenza di Stan Ridgway. “The fear song” tiene fede al titolo e sembra un funerale di quelli antichi, che si possono accostare a dei riti di morte legati a qualche credenza pagana.
“Dark but bright” contiene entrambi gli elementi del titolo, infatti sembra una celebrazione dell’oscurità in chiave electro, ma dispensataci in maniera ovattata.
Mi raccomando accostatevi con la mente aperta e le orecchie libere, potreste ricevere sorprese di cui rimanere estasiati.


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