Al nome di Amy Helm sorgono in me sentimenti contrastanti. Da un lato positivi, di fronte al nome Helm mi tolgo il cappello e mi inchino. Il rovescio della medaglia è rappresentato dal risentimento che ancora provo di fronte alla disdetta dell’ultima ora dalla partecipazione al Rootsway Festival dopo aver acconsentito. A parte queste considerazioni quello che conta è se Amy è una brava musicista e produce dischi di qualità e, da questo punto di vista, non ci sono problemi.
Visto cotanto padre la nostra ha vissuto dentro la musica da sempre. Ha fatto parte degli Ollabelle come cantante solista dal 2004 al 2011 per poi iniziare una carriera in proprio che ad oggi contava di un album prodotto nel 2015 dal titolo “Didn’t it rain”.
Ha suonato nella band di Levon, ha collaborato prestando la sua voce a tanti artisti quali Larry Campbell e Teresa Williams, Colin Linden, Donald Fagen, Ben Sidran e Sean Costello, come potete osservare musicisti di diversa estrazione.
Il nuovo lavoro è stato registrato a Los Angeles in soli quattro giorni ed è stato prodotto dal favoloso Joe Henry e conta della presenza di musicisti di vaglia come Doyle Bramhall, Jay Bellerose tra gli altri.
La direzione musicale si sposta tra rock, blues, folk e canzone d’autore e vede la voce della Helm calarsi nella parte alla perfezione grazie alle sue doti di espressività.
Le composizioni sono a firma Joe Henry, T-Bone Burnett, Allen Toussaint, suo padre, Ralph Stanley e altri. Ci troviamo di fronte a brani melodici accompagnati da una strumentazione classica con chitarra e piano sugli scudi e il suono non è mai carico, ma arrangiato con finezza.
Tra i brani mi sono rimasti impressi la cover di “Mandolin wind” di Rod Stewart una ballata splendida contenuta in “Every picture tells a story” del 1971, traccia che una volta ascoltata non si dimentica facilmente.
Altra canzone di livello superiore è “The stones i throw” di Robbie Robertson con una melodia superlativa, un uso del piano coinvolgente ed Amy la interpreta divinamente. Anche “River of Love” è un brano che ci accompagnerà a lungo tra folk, country e una spruzzata di gospel.
Chiude il lavoro “Gloryland” un pezzo acappella di chiara matrice gospel. Faceva parte del repertorio di Ralph Stanley ed è di una purezza incredibile, profondo e sentito.
Non un capolavoro, ma un bel disco!!!


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