A poco più di due anni da “FLOTUS” tornano a farsi sentire i Lambchop annunciando l’uscita del nuovo album “This (Is What I Wanted To Tell You)“. La nuova fatica in studio della creatura di Kurt Wagner uscirà il 22 marzo prossimo per City Slang/Merge.
Che strana entità sono i Lambchop, non è facile classificarli, incorporano nel loro sound elementi di country e soul senza avere i tratti distintivi del primo cioè i refrain cantabili, né il passionale trasporto fisico del secondo. Forse dipende dalla voce di Kurt affascinante per la sua mancanza di fascino, un crooner senza la voce di velluto e dalla pronuncia leggermente teutonica.
Ormai il gruppo è totalmente nelle mani di Wagner, sempre più solitario alle redini anche se non si tratta di dischi solisti perché alle sue spalle esiste sempre una band che lo supporta, che lo aiuta nelle scelte sonore. Oggi il nostro può essere considerato il miglior songwriter sulla scena di Nashville, colui riesce a far coesistere sia gli amanti del country in senso stretto sia coloro che si muovono anche verso altri orizzonti musicali.
Il disco è nato da un’inaspettata ma da subito empatica collaborazione tra Matt McCaughan (fratello minore di Mac che è il co-fondatore della Merge) e il frontman della band. I due si sono scambiati via mail parti vocali e sketch di nuove canzoni contro lunghe parti free-form di synth modulare che in seguito si sono concretizzate in una manciata di canzoni registrate in uno studio di registrazione a Nashville. Qui la coppia si è circondata di una vera e propria band che si è inoltre avvalsa delle parti di pedal steel, piano e armonica di una guest star d’eccezione, la leggenda country Charlie McCoy.
Quindi ancora un lavoro di rottura rispetto ai canoni consueti che lo avevano caratterizzato fino al precedente disco. Ancora presente l’autotune, marchingegno mal sopportato da molti ascoltatori (me compreso), ma che ha la capacità di evidenziare le melodie piuttosto che sotterrarle dietro una marea di suoni ed arrangiamenti.
Tutta l’opera mette in mostra un suono avveniristico, ma che profuma di strade polverose, motels in cui sostare per la notte, notti stellate a perdita d’occhio, quindi un immaginario tipico della canzone americana di un tempo.
Non mi dilungherò a descrivere i brani contenuti, sappiate che, nonostante dichiari di non saperla scrivere, il disco raggiunge un livello di perfezione che non è di tutti, soprattutto se non si ambisce a scrivere la canzone perfetta!!!


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