I Supersilent sembra che abbiano sospeso l’attività, almeno momentaneamente, per cui i restanti membri dello storico gruppo norvegese si sono concentrati su altri progetti di varia natura: ma se da un lato Arve Henriksen si è da sempre dimostrato altamente versatile e prolifico, lo stesso non si può dire di Helge Sten, che con “Occulting Disk” (Smalltown Supersound, 2019) è ritornato al moniker Deathprod a ben quindici anni di distanza da “Morals and Dogma” (Rune Grammofon, 2004). Così anche per il tastierista Ståle Storløkken, addirittura al debutto solista con “The Haze of Sleeplessness” (2019) e appena due anni più tardi nuovamente alla corte della fucina Hubro con un progetto in acustico per lui senza precedenti: una serie di improvvisazioni per organo a canne presso la chiesa moderna di Steinkjer, nella contea norvegese di Trøndelag.
Ståle è anche parte della scena jazz e sperimentale norvegese, infatti, oltre ad essere un Supersilent, è anche membro degli Elephant9 e ha collaborato con molti musicisti di cui i Motorpsycho sono i più famosi.
Il disco è stato rilasciato dall’etichetta Hubro e si basa su composizioni per organo da chiesa, come già detto in precedenza, per una durata di trentanove minuti. Sono dieci le composizioni che fanno parte dell’opera, tutte messe a punto registrate dal vivo in una chiesa chiamata Steinkjer Kirke e sicuramente esplorano la gamma e le possibilità dinamiche di uno strumento così antico, ma ancora vivo in un contesto musicale modernista, a partire dal ronzio ambient dell’opener “Cloudland I” a vari pezzi luminosi e vivaci, tutti successivamente chiamati (neo)classici che si potrebbero intitolare il cerchio “… Sphere”, il minimalismo stregato, intenso e atmosferico di “Cloudland III ” mentre “Cloudland IV” apparentemente si concentra sui movimenti meccanici intrinseci dello strumento stesso, “Third Sphere” fornisce un pezzo di spartito su larga scala ben accattivante che è a dir poco epico distribuito in quasi 10 minuti di riproduzione e “Drifting On Wasteland Ocean” esplora persino i movimenti su scala minore di – ancora completamente analogico! – ‘desolation ambient’ e quindi è uno dei tagli preferiti di questo lavoro molto affascinante.
L’attenzione deve essere posta principalmente ai suoni, per cui non ricercate melodie, ma i rumori, che potrebbero sembrare secondari, ma sono di assoluta importanza per comprendere cosa voglia comunicarci Storløkken. Lo spiffero d’aria che esce dalle canne dello strumento, la ritmica delle mani e dei piedi sulle tastiere, lo stridere dei tasti.
Il cercare di spiegare quello che è il risultato del disco non permette di far comprendere all’ascoltatore quanto possa essere suggestiva questa esplorazione sonora!!!
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