Al sorgere del nuovo millennio assistiamo alla rinascita rock di una città, New York, grazie ad alcuni protagonisti quali Interpol, Yeah Yeah Yeahs!, Liars e, in misura più mainstream, Strokes.
Viene resuscitata una vena garage-rock tipica dei sixties miscelandola con dosi di psichedelia, fragori hard, semi di wave sintetica e varie effervescenze kraut.
Tra i gruppi menzionati non ho citato quello che mi impressionò di più e, probabilmente, il più importante e qualitativo: gli Oneida.
La band è originaria di Brooklyn e prende il nome da una tribù di pellerossa. All’inizio è formata da Papa Crazy(voce e chitarra), Fat Bobby(tastiere), Kid Millions(batteria) e Baby Jane(chitarra). Le loro esibizioni sono infuocate e devastanti tanto da conquistarsi immediatamente una fetta devota di sostenitori nell’underground newyorchese.
Il loro primo disco che mi capitò tra le mani fu “Anthem of the moon” del 2001, uscito per la indipendent Jagjaguwar. Si trattava della loro terza uscita e l’ultima con Papa Crazy in formazione, il quale abbandonerà il combo alla fine dello stesso anno.
Il lavoro mi piacque parecchio, aveva un sound psichedelico e paranoico con improvvisazioni acide, ritmiche sghembe. Un misto di passato e futuro.
Fu registrato in uno studio mobile tra le rovine dell’era coloniale del New England utilizzando anche field recordings di rumori, voci umane e versi di animali. Il disco non era ancora perfettamente a fuoco, ma già palesava la cifra stilistica del quartetto di Brooklyn.
Il successivo, “Each one teach one”, uscì ad un anno di distanza e fu un’opera che vendette alla grande. Grazie a recensioni eccellenti ricevute un po’ ovunque, fui assalito da richieste continue in negozio. Mi ricordo che consegnarono alla vigilia di Natale cinque copie ancora disponibili dal distributore italiano e le terminai in un battibaleno!!!
Si trattava di un lavoro eccellente che è sopravvissuto al passare del tempo in un periodo in cui tutto si consumava e si dimenticava in fretta.
I nostri sono andati avanti fino ai giorni nostri donandoci musica di qualità e poco incline a farsi ingabbiare in stili ben precisi.
È il turno dell’uscita di “Romance” che inaugura la collaborazione con la Joyful Noise e che è stato registrato in luoghi e studi diversi nel corso degli ultimi cinque anni. A scanso di equivoci si tratta di una delle prove migliori mai partorite dagli Oneida.
Il brano inaugurale “Economy travel” è un pezzo per synth e batteria robotica che ci rimanda a profumi kraut-Kraftwerk.
“Bad habit” è una pulsazione elettrica ossessiva tra noise e sensazioni lisergiche.
“It was me” sembrano i Cluster, ma in forma più improvvisata. Arriva poi il pezzo forte ”Lay of the land” in termini di durata, undici minuti, un tour de force per Kid Millios che lavora alla grande in stile motorik mentre dietro ricamano un organo e una chitarra per una voce sciamanica che genera un mantra psichedelico.
“Cedars” è inquietante ed oscura molto improvvisata in cui si avvertono distorsioni di sax.
“Romance” è il disco della maturità di una formazione che si conferma coraggiosa ed in movimento continuo.


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