NO AGE- “Goons Be Gone”Successore di “Snares Like a Haircut” del 2018,”Goons Be Gone” è il quinto album dei No Age ancora per Drag City. Il duo di Los Angeles formato dal chitarrista Randy Randall e dal cantante e batterista Dean Spunt festeggia i quindici anni di attività. Furono uno dei gruppi che diedero il via alla cosiddetta scena nu-gaze che aveva come epicentro un piccolo locale di nome “The Smell”. Nonostante in questo periodo non sia facile sopravvivere, loro ci sono riusciti mantenendo la propria cifra stilistica. Difficilmente classificabili, mescolano noise rock e art punk, il quale a sua volta comprende la musica d’avanguardia, la furia del punk rock e le sonorità sporche tipiche del garage rock. In questo” Goons Be Gone” i musicisti hanno posto anche qualche accento in direzione dream pop e shoegaze, rimanendo comunque coerenti con le loro produzioni precedenti.

Ovviamente non siamo al cospetto del loro album migliore, anche perché la formula, sempre uguale a sé stessa, ha un po’ perso la spinta propulsiva degli esordi, ma rimangono comunque un esempio coerente e rappresentativo nel loro campo. La strumentazione è scarna, ma non sono assenti effetti tali da produrre un suono dalle linee melodiche essenziali, ma ricche di stratificazioni e in grado di espandersi. In questo nuovo lavoro si percepisce una duplice direzione, una maggiormente sperimentale ed una più improntata sul formato canzone.

L’energico riff di batteria di “Sandalwood” apre le danze efficacemente, facendo un tuffo negli anni Sessanta e rievocando il rock‘n’roll dei primi Rolling Stones con l’aggiunta di un pizzico di Velvet Underground. Il ritmo aumenta ancora nella successiva “Feeler”, per poi quietarsi con la batteria e i synth leggeri dell’atmosferica “Smoothie”, brano interessante che rimanda allo shoegaze dei Blue Foundation e al dream pop dei Broadcast. Si prosegue con la traccia strumentale distorta e noisy “Toes In The Water”, la frenesia di “Turned To String”, altro brano di punta del disco, e la straniante “A Sigh Clicks”, che incorpora elementi noise e ambient. Il rush finale è rappresentato dall’ ipnotica e nervosa “Head Sport Full Face”, caratterizzata da incalzanti riff di chitarra, perfetta anticamera per il più classico garage rock della conclusiva e orecchiabile “Agitating Moss”.

Un gruppo a cui bisogna riconoscere integrità, capace, pur non nella loro migliore uscita, di offrire spunti nuovi e alcune chicche da aggiungere alla loro collana e di farsi carico dell’appellativo di ‘nuovi classici dell’indie-rock’!!!


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