KING BUZZO WITH TREVOR DUNN- “Gift Of Sacrifice”Quanti accidenti di dischi ha pubblicato nella sua carriera Roger Buzz Osborne, aka King Buzzo? Dalla metà degli anni ’80 ad oggi ha dato alle stampe una quantità esagerata di album, per cui diventa veramente difficile dire il numero esatto. La massa principale è rappresentata dalle uscite dei Melvins, e siamo ad una quarantina circa, poi ci sono le collaborazioni con altri musicisti, la partecipazione nei Fantomas di Mike Patton, l’avventura nei Venomous Concept e forse me ne dimentico qualcuno. Una vita spesa per la musica perché bisogna considerare anche l’attività a proprio nome, che nel 2014 vedeva l’arrivo sul mercato di “This machine kills the artists”. Oggi è il turno di “Gift of sacrifice”, lavoro co-intestato con Trevor Dunn, altro musicista la cui discografia è altrettanto imponente e che si è spesso mescolata con quella di Osborne.

La presenza del bassista dei Mr. Bungle è sicuramente decisiva per delineare il suono di questa raccolta, decisamente più concisa e con meno brani rispetto all’opera del 2014. L’idea di Buzzo è quella di presentare un disco di folk e blues, ma chiaramente quelle che sono le sue concezioni dei due generi. È un folk che prende spunto da sé stesso. Certo è che in brani come “I’m Glad I Could Help Out” è impossibile non pensare a Captain Beefheart e alle sue filastrocche, alle associazioni surrealiste, alla deformazione sonora del delta blues. Il Blues è l’impalcatura di tutto il suo edificio artistico ma la ripetitività claustrofobica tipica dei Melvins è la stessa presente nella chitarra acustica di Osborne, accompagnato, questa volta, da Trevor Dunn. La collaborazione con il bassista dei Mr.Bungle, Fantomas e degli stessi Melvins per l’album “Freak Puke”, conferisce al suono di questo disco un elemento di perfetta stonatura.

L’uso così profondo del basso richiama le modalità stilistiche dei Melvins e allo stesso tempo il contrabbasso (suonato sempre da Dunn) accompagna l’attitudine eccentrica di Buzz Osborne: il canto quasi vampiresco, le chitarre dall’andamento altalenante, i passaggi ruvidi dal più classico folk ai synth modulari.

Un lavoro che conferma l’attitudine di personaggio ’fuori dal coro’ che è sempre stato il suo punto di forza, quello per cui si andavano ad ascoltare i suoi dischi. È un opera sperimentale? Forse si, non si segue il classico formato canzone, ma è un album in cui King Buzzo fa sé stesso. E poi assistiamo alle cuciture che Trevor opera con il suo basso, le svirgolate con l’archetto, gli scivolamenti delle sue dita sulle corde del contrabbasso in modo magistrale.

Non per tutti, ma che lascia arricchiti una volta che si è giunti al termine!!!


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