TESKEY BROTHERS- “Live At The Forum”“Live at The Forum” dei The Teskey Brothers è il doppio live album annunciato dalla band australiana, che   sarebbe dovuto uscire per il Record Store Day, posticipato per il Covid-19. Il gruppo ha registrato questo album dal vivo per 4 notti al Forum di Melbourne, Australia. Nel giro di soli tre anni, dopo “Half Miles harvest” (2018), dopo “Run Home Slow” (2019), quatti quatti i Teskey Brothers approdano all`album dal vivo che prende forma proprio a casa loro. Tutto quello che serve per portare piacere nelle nostre abitazioni, per alleviare i cattivi pensieri e per farci trascorrere un po’ di tempo in serenità e gioia è sicuramente ben accetto.

I nostri ‘Fratelli’ hanno bruciato le tappe e, in neanche un lustro, sono riusciti a raggiungere riconoscimenti internazionali grazie ad una proposta che sa di soul-Motown, di benzina e pistoni, di blues Stax & Atlantic. Una musica, la loro, che sarebbe potuta uscire durante gli anni d’oro della Stax, ma anche appena dopo durante il periodo del soul bianco, quello di casa Muscle Shoals, profondamente sudista quanto lo fu la proposta di Eddie Hinton, un bianco che dentro ardeva di passione per la musica nera. Si sono perfettamente inseriti in quel filone che conta anche di musicisti quali Anderson East, Nathaniel Rateliff, Black Pumas e diversi altri. C’è quindi ancora spazio per tale frequenza musicale.

Certo sono solo profumi di Stax e di Motown, ma la densità, il tessuto, lo sguardo, sono più che apprezzabili. C’è l’arrosto di una personale emulazione, convinta, temeraria, generosa. Cura, disciplina, tanta voglia, li hanno guidati verso l’inarrivabile. Da questo luogo, l’Australia, la voce’ black-smoked-whiskey’ di Josh Teskey è emersa chiara, emozionante. Se Josh Teskey è voce benedetta che sta con sapienza anche in una ritmica scandita, semiacustica, il fratellone Sam Teskey maneggia con gusto e precisione invidiabile. Il solismo è efficace di una tecnica mista che emoziona. Brendon Love è al basso, Liam Gough alla batteria, la sezione ritmica della fiducia, della forza, dell’amicizia, che solleva potente e complice. Poi, se si presenta la necessità, ecco arrivare una sezione di ottoni e trombe, un tastierista, una pedal steel, cori per completare il sound, blend di gospel, abbondanti spruzzate di blues, fettine di country e tanta ‘sweet soul music’.

Quattordici brani per un’ora e venti di ottima musica che pesca dai due album in studio. Ci sono tutti, o quasi, i brani che li hanno portati in alto: “Let Me Let You Down”, “Carry On”, “Crying Shame”, “Say You’ll Do”, “Hold Me”, “Louisa”, giusto per citarne alcuni. C’è anche spazio per una cover molto azzeccata di “Jealous Guy” di John Lennon.

L’intro è affidata a “Let Me Let You Down” con la voce declamatoria di Josh siamo subito condotti verso sud con organo, chitarra, fiati per rendere omaggio ad una musica, il soul, che non conosce mai fine. “Carry you” è una ballata tipicamente ‘deep-soul’ la voce roca in primo piano, quasi fosse quella di un predicatore e il pubblico i suoi fedeli, i fiati e i cori sullo sfondo e la sei corde di Sam che lavoro con gusto e misura. “I get up” torna ad uno stile declamatorio, oserei dire gospel, performance vocale da brividi che trova ottima spalla nel fratello. “Rain” sembra un brano inedito del grande e mai dimenticato Otis Redding che ha il compito di condurci alla sorpresa dell’album, la cover di “Jealous Guy” che trae ispirazione dall’interpretazione che ne diede Donnie Hathaway nel suo “Live”. “San Francisco” sposta le sonorità verso un gruppo geniale come The Band, quindi ‘Americana’, con organo, piano e pedal steel a dettare la linea. C’è lo spazio per una bella jam, “Honeymoon” che si muove per una decina di minuti intensa e coinvolgente. È un blues lento con la voce di ‘Fratello’ Josh che si prende la prima parte per poi lasciare spazio a Sam che si lascia ad una lunga improvvisazione alla chitarra che, nella parte centrale e finale, vede il ritmo accelerare di brutto per poi rallentare di nuovo lasciando agli altri componenti la possibilità di agire in piena libertà. Ci si avvia alla conclusione con i bis, “Pain And Misery”, la canzone che li ha fatti conoscere, che fin dal titolo ricorda la loro fonte di ispirazione primaria, Mr. Pitiful Otis Redding e “Hold Me”, altra struggente ballata di impianto gospel, che prevede tutti gli ingredienti del genere, battito di mani, singalong corale e grande partecipazione collettiva, una vera meraviglia.

Se amate le sonorità del sud, se credete che ci sia ancora spazio per queste sonorità, questo è il disco che non dovete mancare per nessuna ragione al mondo!!!


Category
Tags

No responses yet

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *