Milano, 1979, erano passati solo due anni dall’esplosione del punk ma sembravano esserne passati dieci, il 1977 aveva inesorabilmente cambiato il destino di una generazione di musicisti.
Milano in quegli anni si sentiva un po’ come Manchester, una città in bianco e nero, con i monumenti ingrigiti dallo smog, indaffarata e ancora lontana dal divenire la Milano da bere della metà degli anni 80. La scena musicale era totalmente scollegata dal resto dell’underground italiano, le band nascevano e implodevano nel giro di pochi mesi.
Gli input che arrivarono grazie al settimanale inglese New Musical Express e da alcune fanzine italiane furono fondamentali per conoscere quello che accadeva oltre manica quasi in tempo reale. I concerti all’Odissea 2001, club dove si esibirono quasi tutte le band post-punk veramente importanti, furono fondamentali per capire e sentirsi parte di un qualcosa che assomigliava ad una rivoluzione, un movimento che in quegli anni produsse poco a livello discografico ma che oggi a distanza di quasi quarant’anni ci svela l’assoluta unicità delle proposte dei protagonisti di quella stagione milanese.
Chitarre spigolose, batterie elettroniche primordiali, sintetizzatori acquistati a caro prezzo e registratori 4 piste a cassette furono gli strumenti utilizzati per affermare la propria appartenenza ad un movimento creativo che si sviluppò contemporaneamente in tutta Europa.
Se non sapete come collocare ciò che sentirete, fate riferimento alla synth-wave, al synth-pop, al post-punk, al punk-funk e per concludere alla no-wave!!!


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