A volte sono i motivi meno importanti a farti venire voglia di riascoltare un disco e di parlarne in modo che possa venire lo stesso stimolo anche a chi legge.
In questo caso mi è venuta l’idea di riprendere in mano “Blue Valentine” di Tom Waits una volta saputo che il catalogo Elektra/Asylum sarebbe stato ristampato e rimasterizzato dalla Anti.
L’album riporta alla mia mente il momento del suo acquisto, trentotto anni fa. Avevo letto di Waits su qualche rivista per cui, incuriosito dall’articolo, entrai nel negozio che era solito rifornirmi e scelsi, tra quelli presenti, “Blue Valentine”, sicuramente per la copertina.
Una volta a casa pongo il vinile sul piatto e appoggio la puntina sul primo solco e rimango un po’ deluso, il primo pezzo mi comunica poco, ma la voce, catramosa e piana di vizi, mi lascia a bocca aperta.
L’album era uscito nel 1978 e, in quel periodo, il nostro conduceva un’esistenza bohemien!!!
Viveva al Tropicana Motel dalle parti di West Hollywood e faceva comunella con un playboy con il vizio del gioco(Chuck E. Weiss) ed una ragazza di provincia con il basco rosso(Rickie Lee Jones).
I tre erano sempre assieme, giorno e notte, condividevano la passione per le Lucky Strike ed il whiskey, amavano la poesia ed il jazz, erano degli inguaribili romantici.
Quando entrai in sintonia con il disco suddetto e conobbi più approfonditamente la musica di Waits, “Blue Valentine” fu un’opera che mi accompagnò per lungo tempo e con assiduità nei miei ascolti.
Il suo suono, un blend di jazz e blues, spesso accompagnato da un orchestra, aveva bisogno di tempo e cultura per poterlo apprezzare al meglio. Fantastiche anche le liriche orientate verso un “The other side of town”: sono racconti pieni di personaggi che frequentano il lato oscuro di una metropoli, marginali, ubriaconi, malavitosi, prostitute, ma hanno un fascino pazzesco, forse dato dagli arrangiamenti musicali che Tom cuce intorno a loro e alle loro storie.
Attingono dal jazz della beat generation, dal blues di Howlin’Wolf e Screamin’Jay Hawkins, dalla grande canzone americana( Gershwin, Cole Porter, Hoagy Carmichael).
Nel tempo divenne il mio vinile preferito del suo primo periodo, in grado di rivaleggiare con altri due capolavori quali “Swordfishtrombones” e “Bone machine”
Si tratta di un disco in cui il suono si è fatto più scarno ed essenziale rispetto ai precedenti, anche più blues.
C’è una predominanza delle chitarre e vari tipi di piano, è presente l’organo mentre orchestra e sassofoni perdono d’importanza.
Forse è la sua versione di “West Side Story”(infatti il primo brano, “Somewhere”, arriva proprio da li).
“Red shoes by drugstore” vede protagonista un piccolo Cesare che la polizia sorprende a scassinare una gioielleria.
“$29” racconta di una ragazza scappata di casa che incontra un tipo poco raccomandabile.
“Romeo’s bleeding” è il racconto di un teppista, che per vendicare il fratello, uccide un poliziotto a coltellate per poi rifugiarsi e trovare la morte in un cinema in cui stavano proiettando un gangster-movie con James Cagney protagonista.
Tutte storie di solitudine e disperazione che vengono cantate con tale trasporto e sentimento come raramente si sia udito in ambito rock.
È un lavoro sublime, come il retro copertina dove Tom fa sesso con Rickie lee Jones appoggiata sulla fiancata di un auto. Ascoltatelo a più non posso, magari di notte, ne rimarrete a tal punto estasiati che non ne farete più a meno.
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