The Third Eye Foundation è un’entità discreta, l’opposto di ciò che Matt Elliott potrebbe rappresentare.
The Third Eye Foundation non è un progetto basato sull’apertura.
The Third Eye Foundation costruisce muri sormontati da filo spinato. The Third Eye Foundation ti cattura, ti rinchiude nel proprio universo e ti tiene lì.
Non si tratta più di cercare un equilibrio tra oscurità e luce. Già nel 2010, “The Dark” aveva palesato questo concetto. E ora, “Wake the Dead” sta piantando gli ultimi chiodi sulle assi che termineranno le barricate. Se volete svegliare i morti, dovete entrare nel giusto mood e stato mentale. Dovete accettare il nero come unico colore e capire che l’immaginazione non vi fornirà alcuna via di fuga.
“Wake the Dead” è un album senza un inizio o una fine. È un viaggio che non termina mai davvero, come un infinito ma instabile ciclo che si lascia invadere dalle centinaia di dettagli rivelati ascolto dopo ascolto.
Le sue variazioni melodiche giocano con i nostri sensi, caricando le nostre percezioni di storie che sembrano ripetersi, ma che in realtà non sono mai davvero le stesse. Ciò significa che l’album potrebbe essere solo strumentale; le parole non hanno poi questa grande importanza. E i 40 minuti di pulsante, ipersensibile dubstep del disco non sono creati per mandare un messaggio. L’intenzione è di far ballare le nostre anime.


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