Jazz Butcher è lo pseudonimo dietro il quale si cela Pat Fish, cantante, compositore e polistrumentista che ama la riservatezza e il lavoro dietro le quinte. Le sue fonti di ispirazione sono Lou Reed e Jonathan Richman, dal quale eredita quel gusto naïf ed ironico che si prende gioco della vita e delle persone grazie ad una vena fanciullesca. Il suo più fedele collaboratore è il chitarrista Max Eider, i loro concerti erano un concentrato di divertimento e spensieratezza. È di questi giorni la notizia che la Cherry Red farà uscire un box dal titolo ‘The Wasted Years’ di quattro cd che riporterà alla luce i primi quattro album registrati in studio. La formula era diversa da disco a disco ma può essere così riassunta: un po’ di Velvet Underground, terzo e quarto album, country folk spartano alla Violent Femmes, dosi misurate di psichedelia alla Syd Barrett, un po’ di jazz e il pop alla Robin Hitchcock che in quegli anni era sicuramente in primo piano. ‘In Bath of Bacon’ uscì su Glass Records nel 1983 e fu opera di Fish ed Eider più vari collaboratori. È il disco più jazz oriented, brani come ‘La Mer’, ‘Gloop Jiving’ sono un esercizio di stile pop jazz. Già si riconosce il debito dei nostri nei confronti di Jonathan Richman nelle canzoni ‘Jazz Butcher Theme’, ‘Bigfoot Motel’ e ‘Zombie Love’. Presenti anche pezzi di chiara matrice britannica, soprattutto nelle ballate malinconiche come ‘Partytime’, ‘Chinatown’ e ‘Girls Who Keep Goldfish’. Con ‘A Scandal in Bohemia’ (Glass Records 1984), i Jazz Butcher diventano una vera e propria band: entrano in formazione David J al basso, ex Bauhaus e la batteria di Owen Jones. La componente rock delle composizioni si irrobustisce, il disco annovera due vertici come ‘Southern Mark Smith’ e ‘Real Man’, sia dal punto di vista sonoro che delle liriche intrise di humor britannico ed alcuni dei suoi classici pop quali ‘Marnie’ e ‘Girlfriend’. Credo lo si possa considerare il capolavoro della band, sia per la varietà della proposta musicale, sia per la qualità della scrittura. Il successivo ‘Sex And Travel’ (Glass Records 1985) vede all’opera la stessa formazione del precedente. Si mantiene alta la qualità, anche se manca un pezzo che si elevi sugli altri. Ottimo il blues da salotto ‘Walk With The Devil’, deliziosa ‘Holiday’, quasi cabarettistica, il treno ritmico di inflessione funk di ‘President Reagan’s Birthday Present’. L’anno successivo viene pubblicato ‘Distressed Gentlefolk’, anche questo uscito su Glass. Si assiste alla fuoriuscita di David J che viene sostituito da Graham “Felix” Fudger. L’album è il più musicale dei quattro con un paio di capolavori quali ‘Nothing Special’ e ‘Angels’. Il tono dell’album è molto emotivo, pochi sono i pezzi mossi, mentre prendono il sopravvento ballate d’atmosfera, ‘Falling In Love’ vere e proprie torch songs come ‘The New World’. La malinconia ci attanaglia in ‘Still In The Kitchen’. In definitiva un boxetto meritorio che riporta a galla un gruppo dei più dimenticati. Peccato per l’assenza del live ‘Hamburg’ che conteneva due splendide covers quali ‘Sweet Jane’ di Lou Reed e ‘Roadrunner’ di Jonathan Richman. Pat Fish è da ricordare anche per i testi, capaci di cogliere la realtà inglese con pungente ironia e sarcasmo come solo Ray Davies fece prima di lui.
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