I The Devil Makes Three non sono dei novellini, sono sulla scena dagli inizi degli anni duemila. I loro inizi erano totalmente immersi nelle radici del suono tradizionale americano, dal bluegrass al country.
Il nuovo lavoro ce li presenta come una band di rock che possiede chiari riferimenti al suono vintage, dovuto, molto probabilmente, alla scelta di un produttore come Ted Hutt (Gaslight Anthem, Lucero e Dropkick Murphys). Percepiamo una rilettura filologica delle radici del rock’n’roll, ma con una freschezza che li pone sullo stesso piano di nomi quali Ruen Brothers e Shelter.
Hutt è stato meno invadente del solito ed ha cercato le chiavi giuste per rendere merito alle composizioni dei nostri.
La formazione è composta da Pete Bernhard (chitarra e voce), Lucia Turino (contrabbasso e voce), Cooper McBean (sei corde varie) che si avvalgono della collaborazione di Stefan Amidon (batteria e voce). Le registrazioni si sono svolte a El Paso, Texas, nel deserto e lontano da qualsiasi tipo di distrazione. La presenza costante in studio del produttore ad ogni fase della lavorazione ha portato il gruppo verso un suono denso e sostanzioso come mai in passato.
A volte mi sembra di sentire i magnifici Blasters (“Pray for rain”). Gli Stones sono un punto fondamentale per qualsiasi band che voglia suonare il rock come si deve, ed infatti il riff di “Bad idea” li ricorda. The Devil Makes Three hanno avuto coraggio a svoltare così tanto in termini di rock dopo aver già dato alle stampe ben cinque dischi in cui avevano sviscerato la tradizione.
Non mancano pezzi che si rifanno al passato, ma il tutto suona dannatamente più chitarristico, con uso di vibrato che riporta a Link Wray e Hank Marvin, e un tuffo nel R’n’B come esemplificato da “Castles”.
Un disco fresco e rigenerante per tutti gli amanti del rock, che oggi sembra diventata una parolaccia se non è accompagnata dal termine alternative!!!


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