Ecco un gruppo di blues che mi diverte perché non ancorato a coordinate precise, ma capace di scorazzare su e giù per la direttrice che dal Delta conduce a Chicago. I brani sono autografi e si muovono tra blues e arcani e sgangherati rock’n’roll, tra barrelhouse piano e indemoniati rockabilly. Quindi blues di Chicago, aromi del Delta e R’n’R di Memphis.
La band è piuttosto nutrita, anche se i riferimenti sono principalmente due: il poderoso cantante Oscar Wilson, coadiuvato dall’autorevole armonica di Joe Nosek. Ad essi si aggiungono il formidabile chitarrista Billy Flynn e il bassista John W.Lauler che se ne va a braccetto col batterista Kenny “Beedy Eyes” Smithand (figlio del Blues Hall of Famer Willie “Big Eyes” Smith) mettendo in piedi una sezione ritmica sorprendente. Ospite la pianista Queen Lee Kenehira che aggiunge sapore alle melodie già accattivanti.
Sono sulla scena da ormai una quindicina d’anni e dimostrano come l’amalgama tra il blues ed il R’n’R possa sopravvivere alle mode se l’autenticità della vecchia scuola viene spolverata da approccio sonoro contemporaneo. Ritmi sostenuti e coinvolgenti, liriche divertenti incorporate da groove black e funk ed ecco il party album per l’estate.
“Hail To The Kings” riporta in scena il blues in ogni forma e direzione: abbiamo il sentore di Muddy Waters nella sensuale “Smoked Jowl Blues” e in “Poison on My Whiskey” con il wah-wah. Little Walter si materializza con un jump irresistibile nel brano “Hunchin On My Baby”, oppure, grazie a “Take Anything I Can” sembra di sentire un risorto B.B. King con la sua chitarra nitida ed inconfondibile.
Il cocktail della raccolta non ci risparmia il ragtime di “The Wrong Number”, né il suono da swing band nella deliziosa “Back off”.
Non lasciatevi ingannare dalla spensieratezza che emanano le note del disco, perché la sostanza è evidente in ogni traccia, senza dimenticare liriche attraversate da uno spirito polemico, come spesso accade in questi tempi sul suolo americano. “Bluesman Next Door”, ad esempio, discute sulle questioni razziali e il rock blues di “Jon Burge Blues” racconta storie di ingiustizia e violenza.
Credo che la carta vincente che il gruppo possiede risieda nella differenza di età, vent’anni circa, tra Wilson e Nosek che permette di unire il momento aureo del blues con un’energia giovane e fresca.
Bravi davvero, capaci di far muovere il bacino, ma anche di farci riflettere su quali coordinate stia viaggiando l’umanità!!!


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