THE BROTHER MOVES ON – ‘$/he Who Feeds You…Owns You’ cover albumIl jazz sudafricano è da sempre espressione di una forte coscienza politica e di protesta contro le condizioni di vita e le disuguaglianze sociali ed economiche: non fa eccezione il collettivo di Johannesburg The Brother Moves On che pubblica l’ultimo lavoro, “$/He Who Feeds You … Owns You”, per l’etichetta di Shabaka Hutchings, la Native Rebel Recordings; e il leader, Siyabonga Mthembu, è anche il cantante di Shabaka and the Ancestors. Basterebbe questo per capire in quale contesto musicale ci troviamo, in quella connessione fra Johannesburg e Londra che fin dai tempi della diaspora di Mongezi Feza e compagni hanno visto germogliare, durante l’apartheid, un jazz pienamente cosciente e orgoglioso delle radici africane, in linea con le tendenze più sperimentali della musica contemporanea.

Il titolo del disco è ispirato al leader anticolonialista e socialista Thomas Sankara e a un discorso che tenne all’Organizzazione per l’Unità Africana. Come spiega Mthembu ‘Ha molto a che fare con la sovranità alimentare e la terra: chiunque ti nutra, chiunque possieda il tuo sistema alimentare ti gestisce’. E tutto il disco è dedicato alla coscienza nera, alle lotte popolari, alle storie legate alla vita e allo sfruttamento, ma anche al senso di sconfitta quando le speranze che si erano create sembrano sfaldarsi di fronte ad una realtà cruda e ardua da modificare. I sei membri del collettivo appartengono ad etnie diverse e così le tracce sono cantate nelle varie lingue parlate nel paese.

Secondo la politica della Native Rebel i musicisti hanno avuto tre giorni per registrare senza alcuna pre-prova e con l’attiva collaborazione dello stesso Shabaka che ha curato anche la produzione. Rispetto ai precedenti lavori questo punta meno all’improvvisazione e più sulle canzoni; quasi tutte sono cover di celebri musicisti sudafricani: da Feza ai Batsume a Johnny Dyani, ad indicare un legame profondo con una storia sia musicale che politica. La loro è una rilettura profonda, non enfatica, ma che invita ad una riflessione sull’oggi, musica di lotta, ma anche musica che invita al raccoglimento. C’è perfino spazio per uno struggente pezzo d’amore adolescenziale come “Sweet Love Oh”.

I brani offrono un ampio spettro musicale e di tematiche. “Puleng” è un canto di preghiera malinconico e di grande effetto che si rifà alla ricca tradizione gospel di Soweto, “Bayakhala” è una sorta di spritual blues, un inno alla terra, il canto, nella prima parte, ricorda gli Almamegretta.

“Sphila” suona splendidamente col canto botta e risposta in un’atmosfera tesa e ipnotica con un micidiale drone di chitarra. “Itumeleng” ripropone con grande effetto un classico della ribelle Soweto anni ’70 dei Batsumi, bella la scelta del flauto dolce e sensuale che domina la prima parte, mentre “Hamba” è un taglio che viene cantato nei funerali e ‘nelle situazioni di lotta, in cui le persone hanno perso ogni speranza’. Dopo un accorato canto a cappella diventa uno splendido esempio di spiritual jazz; fra l’altro il brano con il titolo “Go My Heart, Go To Heaven” si trova in un disco degli Ancestors. Chiudono l’intensa e commovente “Mazel” dedicata al fratello morto, ma anche fortemente evocativa della sofferenza del popolo (‘From apartheid and colonial and imperial babalas / We arepating’) e “Ta Tom” che dà spazio al chitarrista settantenne Madala Kunene. Un grande esempio di musica nera contemporanea!!!


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