BSAM BUSH – ‘Radio John: Songs of John Hartford’ cover albumQuesto è qualcosa di un evento speciale: un nuovo album del grande Sam Bush, uno dei migliori mandolinisti della sua generazione e una luce guida della scena progressive bluegrass. Sono passati circa otto anni dalla sua ultima registrazione e un disco era atteso da tempo. Questa nuova uscita è tanto più speciale in quanto è un omaggio al suo amico e mentore, John Hartford.

Hartford, probabilmente meglio conosciuto al di fuori dei circoli bluegrass per le sue canzoni, in particolare “Gentle On My Mind”, ha avuto una grande influenza sulla direzione musicale di Bush dopo che Sam lo ha visto per la prima volta al The Wilburn Brothers Show nel 1967, e Sam e John sarebbero diventati buoni amici e spesso suonavano insieme nel corso degli anni, fino alla morte prematura di Hartford nel 2001, quindi questo è un album lungo nella pianificazione. John non era solo un musicista eccezionale e un grande cantautore, era anche un capitano di battello fluviale autorizzato, un trovatore errante, un pioniere del bluegrass progressivo, proprietario di un’etichetta discografica indie; non è un caso che sia molto apprezzato nel mondo della musica e, soprattutto, da Sam Bush, lui stesso una specie di uomo rinascimentale e qualcuno che ha preso molti dei suoi spunti, nel corso degli anni, dall’esempio che il maestro ha dato.

Tutte le tracce di questo lavoro, ad eccezione della title track, “Radio John”, sono state scritte da Hartford e questa è una buona istantanea di quanto fosse un eccellente scrittore, da brani d’amore come “A Simple Thing as Love” fino a commedie come “Granny Wontcha Smoke Some Marijuana”. John è stato uno dei principali scrittori presenti nella colonna sonora di “O Brother Where Art Thou?”, che tanto ha fatto per promuovere la musica americana a un pubblico più vasto. È uno dei grandi artisti non celebrati della musica roots americana ed è così bello sentire un musicista come Sam Bush rendergli omaggio in questo modo.

L’LP inizia alla grande con “California Earthquake”, una canzone scritta negli anni ’60, quando tutti iniziarono a parlare per la prima volta di ‘quello grosso’, un terremoto che avrebbe potuto spaccare la faglia di San Andreas. Sam attacca il pezzo con vera verve, iniziando con una chitarra indaffarata, suonata con le dita, seguita quasi immediatamente dal mandolino e poi dalla voce. Il banjo si unisce e ribolle e il breve assolo di mandolino che conclude la traccia è giudicato alla perfezione. A questo punto è probabilmente opportuno sottolineare che tutto questo è Sam Bush. Suona ogni strumento di questo pezzo: chitarra, mandolino, basso e banjo, oltre a cantare. In altre parti includerà anche il suo violino e aggiungerà persino la sua voce armonica. Questo rilascio è la prova positiva di quanto il nostro sia una forza musicale della natura. Suona ogni strumento praticamente ovunque e il suo modo di suonare è impeccabile, indipendentemente dallo strumento che sta suonando.

Ci sono due tracce totalmente strumentali, “Down” e l’eccellente “John McLaughlin”, ispirata alla musica di McLaughlin quando suonava con la Mahavishnu Orchestra. Altrove troviamo l’ode di Hartford alla vita di campagna e ai suoi vantaggi rispetto alla corsa al successo, “In Tall Buildings”. C’è anche la già citata “A Simple Thing As Love” che ha più di un cenno alla melodia di “Gentle on My Mind” e mostra che Bush sia un eccellente suonatore di banjo. Allo stesso modo, “The Morning Bugle” evidenzia il lato melodico del suo modo di suonare il mandolino. “No End of Love” è una delle canzoni d’amore semplici e mirate di Hartford, e Bush mantiene il suo arrangiamento e il suo modo di suonare altrettanto semplice e mirato, evitando di abbellire eccessivamente una composizione che in realtà non ne ha bisogno. “I’m Still Here” and “Granny Wontcha Smoke Some Marijuana” sono due delle tracce ironiche per cui John era famoso, ma che spesso contenevano più di un granello di saggezza, in questi casi sull’aggrapparsi quando i tempi si fanno duri e l’importanza di qualunque cosa ti faccia passare la notte. Era uno scrittore di talento che scriveva di ciò che era importante per lui e non si lasciava scoraggiare dalle opinioni degli altri. Il fatto che abbia scritto molte di queste canzoni negli anni ’60 dimostra sia che era in anticipo sui tempi sia che la musica country e folk non è mai stata timida nella scelta dei soggetti di cui parlare.

Questo è davvero un ottimo album e Sam Bush rende più che giustizia alla sua amicizia con John Hartford ma, con il progredire di questa raccolta, c’è una crescente sensazione che qualcosa non vada bene. Lo si percepisce definitivamente con il pezzo finale, “Radio John”, un brano entusiasmante che celebra la vita di John Hartford e la musica che ha scritto, e sembra che la band si sia divertita molto a registrarlo. Ed è quello che manca al resto del rilascio: quel grande senso di collaborazione e divertimento che infonde le migliori registrazioni bluegrass. È quella gioia collettiva che manca a questo disco ed è solo in presenza dell’ultima traccia, con Sam che lavora con altri quattro musicisti che apprezza chiaramente e con cui si diverte a suonare, che senti la differenza che fa una formazione.

Tanto di questo album è buono e nessuno che lo ascolti potrebbe rimanere deluso dall’emozione e dalla musicalità che vi sono state riversate, ma l’ultima traccia rivela che avrebbe potuto essere qualcosa di più!!!


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