RON SEXSMITH “Hermitage”Crescere dalle parti di Niagara Falls, nel Canada delle grandi cascate, ha significato avere l’America di fronte, costantemente e quotidianamente, per cui, non appena ha deciso di fare sul serio con la musica, non è stato difficile attraversare il confine. Ho seguito con piacere la sua carriera dalla metà degli anni novanta fino all’inizio degli anni’00, periodo nel quale Ron ha inciso per la Interscope Records, distribuita dalla Warner, gestita da Jimmy Iovine (fonico-produttore per Springsteen, Petty, Dire Straits). Jimmy lo ha messo in contatto con Mitchell Froom e Daniel Lanois in grado di far splendere le sue malinconiche ballate dalle tinte autunnali.
Il matrimonio è azzeccatissimo e di rara efficacia perché permette a brani piuttosto tradizionali di suonare moderni ed efficaci. Lanois si occupa di produrre un pezzo dell’album omonimo e di impostare la voce del suo conterraneo, mentre a Froom tocca la cura generale di “Ron Sexsmith” del 1995. Si tratta di un lavoro ispirato, fatto di atmosfere cangianti e di uno stile compositivo in cui non sembra esserci un centro, ma la capacità di ondeggiare tra il Canada e l’Irlanda, tra New Orleans e altre terre del soul, passando anche dalla Liverpool beatlesiana. Un itinerario musicale non dissimile da quello intrapreso da Costello a carriera avviata. Lo stesso Costello che parlando del disco di Ron, e in particolar modo del brano “Wastin’time”, lo colloca tra i più grandi autori del secolo scorso. Sicuramente una raccolta che lasciò a bocca aperta molti appassionati con quella voce riverberata, l’effetto vibrato dato alle chitarre in una parola con un suono marchio di fabbrica della premiata ditta Mitchell Froom/Tchad Blake (inseparabile fonico).
Lo sapevo che mi sarei dilungato troppo su quel lavoro, d’altronde lo reputo ancora oggi un’opera degna della massima considerazione.
Da tempo, però, avevo smesso di interessarmi del nostro canadese, ma l’occasione di una nuova uscita mi ha dato la possibilità di parlare di “Hermitage”, nuovo album su Cooking Vinyl. Il nostro ha lavorato con il produttore Don Kerr per creare questo disco; i due si sono stabiliti nel salotto di Sexsmith per registrare, dove il cantautore ha suonato tutti gli strumenti, con l’eccezione della batteria. Il risultato è la collezione più disinvolta da tempo di Ron, ancora una volta dal fascino sottile ma sempre più piena di vigore musicale, come su “Chateau Mermaid”, un’ode al suo Stratford Graceland, o la sorprendentemente speranzosa “Small Minded World”.
Se fosse l’esordio di uno sconosciuto si griderebbe al miracolo, ma queste sono le dinamiche del mercato odierno, di cui il buon Ron si diceva stufo già anni fa. Oggi, forse, scrive con l’idea di una maturità raggiunta a discapito di quella malinconia che lo caratterizzava in passato, ma quelle ballate per piano e voce ci fanno ancora vibrare. Non lasciatevi sfuggire l’occasione di ascoltare un vero artigiano pop!!!


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