Robert Hood è considerato un pioniere della musica Minimal Techno, una leggenda di Detroit, nonché una figura influente della storia della musica elettronica. Fondatore della label M-Plant, Hood è pronto a rilasciare nuova musica su un’altra importante etichetta, la Rekids, del dj e produttore inglese Radio Slave. L’ex membro dell’iconico collettivo Underground Resistance (insieme a Jeff Mills e Mike Banks) torna sul mercato con un disco dalle varie e diverse sfumature. Costituito da 10 tracce, “Mirror Man” sfocia in diversi generi: techno, downtempo, house…
Ultimamente il buon Robert conserva il meglio della propria produzione nel progetto house dei Floorplan, formazione a duo assieme alla figlia Lyric, mentre, quando si cimenta nella techno, risulta leggermente nella media, senza quei guizzi ed intuizioni che lo avevano elevato a figura fondamentale. Chiaro che risulti, comunque, un personaggio a cui prestare sempre la massima attenzione.
L’album si apre con la traccia “Through A Looking Glass Darkly”, una vera e propria introduzione raccontata attraverso string e dissonanze armoniche che creano un’atmosfera minacciosa. La seconda traccia di “Mirror Man” è intitolata “Nothing Stops Detroit”, e sia il suono che il titolo di questo brano possono essere letti come un manifesto per il disco nel suo insieme. Un incrollabile battuta in quattro-quattro piena di accordi lancinanti e alcune atmosfere di synth elettrizzanti, il pezzo è il tipo di scossa techno del Midwest di cui il nome di Robert Hood è diventato sinonimo nel corso degli anni. Tuttavia, mentre la techno rimane la firma di Hood, “Mirror Man” è un album altrettanto degno di nota per i suoi viaggi lontano dalla pista da ballo. Ci sono poche voci qui che lasciano i ritmi 4/4 trascinanti per un sound design elettronico inquietante e impressionistico. Le influenze della musica kosmische e della composizione cinematografica guidata dal synth possono essere analizzate in tutto il lavoro, con Hood che si spinge in un nuovo territorio audace con voci come “A Shattered Image”. Intendiamoci, che sia in modalità club o meno, c’è una sensazione tangibile e meditabonda nella produzione qui che riunisce il lavoro.
“Fear Not“, che tocca addirittura i 165 bpm e non è adatta ai deboli di cuore. Discorso diverso, invece, per “Black Mirror“, traccia che gira sui 108 bpm caratterizzata dalla presenza di una melodia digitale a tratti angosciante.
“Falling Apart“, “Run Bobby, Run” e “A System Of Mirrors” si muovono in direzione techno in maniera diretta e precisa, mentre “Freeze“, nonostante i suoi 181 bpm, è un brano elettronico da ascolto, crudo e freddo, caratterizzato della presenza di un pad di sottofondo che genera uno stato d’animo cupo e sconfortante. “Face In The Water” riprende sonorità House più positive e “Prism“, invece, sfocia nella downtempo e chiude l’album con una gran carica di energia.
Infine Robert sì è spinto fuori dalla propria comfort zone dimostrando di possedere una notevole versatilità musicale. Non è ancora tempo per archiviarlo!!!
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