All’inizio degli anni Ottanta cominciai ad acquistare dischi contemporaneamente alla loro uscita, mentre prima mi feci una base di quello che consideravo rilevante uscito negli anni Sessanta e metà anni Settanta. La scoperta di nuovi gruppi creava in me un continuo stupore infantile ed un’eccitazione tale che spesso mi generava ansia per non riuscire a seguir tutto. Una scena in particolare mi colpì nel profondo, il cosiddetto Paisley Underground. La capitale del movimento fu Los Angeles, ma importanti furono anche la cittadina universitaria di Davis a nord-est di San Francisco e fuori dai confini Tucson in Arizona. Quasi una comunità allargata più che un movimento vero e proprio.
Al tempo i miei gruppi preferiti furono i Dream Syndacate, i Green On Red ed i Long Ryders mentre non mi colpirono più di tanto i Rain Parade, il gruppo di cui vi parlerò.
Il loro suono fu un blend di Byrds, Pink Floyd, Love ed altre reminiscenze anni Sessanta. Furono sicuramente i più trasparenti nelle loro influenze, ma anche quelli che riuscirono con abilità a superarle. I due dischi in questione esprimevano una musica delicata ma al contempo oscura, soprattutto nelle liriche e riuscirono a catturare perfettamente la magia ed il mistero di un’esperienza psichedelica. Ora queste due opere verranno ristampate in agosto dalla Real Gone Music ed includeranno anche’ Look Both Ways’, una traccia che venne esclusa dalla stampa USA. Le note di copertina saranno curate da Pat Thomas, il massimo esperto del Paisley Underground e ci sarà anche una nuova rimasterizzazione approvata da Matt Piucci e Steven Roback. La band è un concentrato di talenti, oltre i due suddetti anche David Roback, fratello di Steven, e l’eccellente polistrumentista Will Glenn, ed avevano un suono cristallino jingle-jangle che si fondeva a quello ipnotico delle tastiere, il tutto condito dall’eleganza degli impasti vocali. Se dovessi scegliere una canzone esplicativa di quanto affermato fino ad ora, citerei ‘Talking In My Sleep’, la canzone che apre l’album, ma quella da consegnare ai posteri è sicuramente ‘This Can’t Be Today’ in cui il mulinare di chitarre si fonde con il suono sballato di un sitar. Spero di avervi convito ad aspettare la ristampa del prossimo agosto con trepidazione.
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