PARQUET COURTS – ‘Sympathy For Life’ cover albumIspirato dai club di New York, i Primal Scream e, a detta loro, pure dai Pink Floyd, “Sympathy for Life” è il nuovo album dei Parquet Courts. Il disco, il prodotto di una serie di jam session in seguito messe a punto da Rodaidh McDonald e John Parish, è stato annunciato a giugno durante una diretta su Remedy assieme alla condivisione del teaser di “Plant Life”, un beat elettronico dal sapore caraibico con un forte accento funk. Dopo aver condiviso alcuni dettagli è seguito l’ascolto integrale del lead single “Walking at a Downtown Pace”, che riconduce la band alle coordinate che conosciamo: uno stradaiolo boogie rock figlio della Grande Mela e degli ascolti della formazione di Bobby Gillespie.

“The Power of Eleven” è inoltre la serie di undici ‘global happenings’ organizzati dai quattro contestualmente all’annuncio del lavoro. Uno di questi, riporta Pitchfork, ha incluso la marching band Lesbian & Gay Big Apple Corp che intonava il sopracitato singolo sventolando una loro bandiera.

L’album trova la formazione di Brooklyn sia nella sua forma più istintiva che elettronica, portando la loro narrazione ammaliante e psichedelica in un territorio fresco, pur mantenendo la loro identità unica. Costruito in gran parte da jam improvvisate, “Sympathy For Life” è sempre stato destinato a essere ballabile. A differenza del suo predecessore adorato in tutto il mondo,” Wide Awake!” del 2018, l’attenzione si è concentrata sui groove piuttosto che sul ritmo. ‘Il precedente era un disco che potevi suonare ad una festa’, dice il co-frontman Austin Brown. ‘il nuovo è influenzato dalla festa stessa’. ‘Storicamente, alcuni incredibili dischi rock sono stati realizzati mescolandosi alla cultura della dance, dai Talking Heads a “Screamadelica”. Il nostro obiettivo era di portarlo nella nostra musica. Ognuno di noi, nella sua vita personale, è andato a più feste da ballo. O meglio, eravamo pre-pandemia, che è quando è stato fatto questo disco’.

La maggior parte delle canzoni sono state create prendendo lunghe improvvisazioni e plasmandole attraverso il montaggio. La più grande risorsa che hanno come artisti è la band stessa. Dopo 10 anni insieme, il loro più grande strumento è l’altro. L’espressione più pura dei Parquet Courts è quando improvvisano. In un senso molto reale, la band si è campionata, modellando e tagliando le loro jam ritmiche e melodiche per creare queste canzoni, per manifestare qualcosa di nuovo.

Mi intrigano i newyorchesi, forse una delle migliori espressioni indie dell’ultimo decennio e credo che questa sia la loro miglior proposta di sempre.

Si apre con un funky blues da sballo che piacerebbe parecchio a Bobbie Gillespie e si prosegue con un pezzo di lisergico R’n’R che potrebbe risultare ripreso da qualsiasi lavoro degli Spacemen 3. Ci si ritrova ad ascoltare del cosmic funk che rappresenta la colonna dell’intero LP. Prestando grande attenzione non sfuggiranno, agli ascoltatori più esperti, profumi, umori ed echi di Sly and The Family Stone, Talking Heads e persino un ripasso di Madchester (“Zoom out”). Non mancano rimandi alla prima wave grazie all’uso di synth analogici (“Application Apparatus”), né ballate dal sapore Pavement (“Pulcinella”) e manco chitarre in modalità Stooges (“Homo Sapiens”).

Bravi e divertenti, sarebbe un peccato lasciarseli sfuggire!!!


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