Alzino la mano coloro che conoscono gli Allah-Las??? Non credo di vederne molte, eppure si tratta di un gruppetto nato nel backroom dell’Amoeba di Sunset Boulevard, dove Pedrum e Miles Michaud hanno lavorato, nella stessa stanza, mettendosi in tasca, di tanto in tanto, qualche disco interessante e misconosciuto. Che musica fanno i nostri amici??? Potremmo inserirli all’interno di quei gruppi della Woodsist che hanno riportato in auge un suono fatto di psych-pop californiano con largo uso di chitarre jangle e leggermente dotato di effetti vari. Niente di trascendentale, ma sicuramente piacevoli e coi quali è possibile passare alcuni momenti che sanno donare alle nostre grigie giornate tocchi di colori e sapori che ci riportano ad alcuni episodi capaci di donare serenità e spensieratezza.
Siadatian era pronto per un album solista fin dal 2016, dopo la pubblicazione dell’ultima uscita con gli Allah-Las, ma ha preso la sua forma solo quest’autunno utilizzando anche il nome di una band e non il proprio. Il chitarrista e membro fondamentale degli Allah-Las ha registrato il nuovo album partendo da alcune session registrate su un quattro tracce avendo in testa la poesia acida di Gregory Corso e John Lennon con un tocco che ricorda gli spartiti non convenzionali di Kevin Ayers e Syd Barrett. La forma definitiva dei brani prende corpo nel momento in cui arriva a metterci le mani il produttore Frank Manton e si uniscono alle sessions il batterista Matthew Correia e il polistrumentista Nick Murray (White Fence e Thee Oh Sees). Il progetto viene battezzato Paint e presenta una cifra stilistica che si muove tra le strampalate melodie di Skip Spence, i barocchismi psichedelici degli Strawberry Alarm Clock e le visioni oscure e malate dei Velvet Underground.
I brani possiedono una certa elettricità folk che viene immersa nell’LSD grazie all’uso di chitarre fuzz e organi farfisa che conducono ad un suono di chiara matrice vintage. Viene esplorato il lato più dolce ed onirico della psichedelia tra i Velvet più morbidi ed il jingle-jangle di scuola Byrds. Emblematica è “Plastic dreams” che esprime un incanto paradisiaco attraverso la reiterazione dei riverberi.
Niente di nuovo in assoluto, ma una prima volta per Pedrum che si delizia nell’innocenza dei suoni degli anni sessanta e concede a noi ascoltatori le mai dimenticate “Good Vibrations” californiane!!!
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