NEW BUMS: “Last Time I Saw Grace” cover albumDopo sette anni buoni di silenzio, i New Bums, al secolo Ben Chasny dei Six Organs of Admittance e Donovan Quinn degli Skygreen Leopards, tornano in sordina con “Last Time I Saw Grace”. Un modo di fare dimesso, quello del duo, che ne rivela la volontà elusiva, un amabile distacco accompagnato dal ghigno felino di chi, tra out folk e teorie psichedeliche, la sa lunga.

Probabilmente non ricorderete che più di un lustro fa il duo pubblicò “Voices in a Rented Room”, che si misero assieme grazie al fatto di essere vicini di casa a Mission, San Francisco. Questa volta ci allontaniamo da quello che rappresenta lo stile dei due, in quanto lontani da materiale psichedelico e sperimentale, la cifra stilistica dei nostri.

Rispetto al passato le canzoni sono meno old drunk e più rotonde, enfatizzate da una raffinata ricerca armonica e un piglio popular rinfrescante: si va dall’american primitive guitar in combutta con la psichedelia urbana dei VU / Lou Reed di “Billy, God Damn”, passando per l’interessante “Tuned to Graffiti”, che mixa sentori degli ultimi Sic Alps, altezza “Napa Asylum”, con le reiterazioni melodiche del Thurston Moore di “Demolished Thoughts”, arrivando al desertico omaggio dylaniano alla scena musicale dei piccoli locali di provincia di ‘Cover Band’.

Due voci e due chitarre, spesso acustiche, sono gli strumenti che troverete in questo disco, un’anima R’n’R che parte Rolling Stones acustici per approdare ai Replacements, ai Jacobites e a Johnny Thunders. Sono ballate velate di leggera psichedelia (“Onward to Devastation”), oppure fanno intravedere i Led Zeppelin di “III” e “IV”, quelli maggiormente acustici, tra le pieghe del suono che poi si sporca con una certa elettricità (“Wild Dogs”) e ancora viene a galla la California con i suoi suoni caldi e solari che, a tratti, vengono oscurati da una leggera malinconia.

Una musica sussurrata e sentita che viaggia a velocità ridotta, è davvero come se il tempo si fosse fermato; la voce di Chasny riecheggia nell’etere mentre le canzoni di Quinn risuonano con un’intensità radiofonica senza sembrare un’esca. È un vero traguardo!

Un disco minore, laterale, ma che, se ascoltato con la dovuta attenzione, non mancherà di fare proseliti tra gli ascoltatori, come accadde a metà degli anni duemila in cui l’essere ai margini era un gran pregio!!!


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