NATIVE HARROW: “Closeness” cover album‘Mi sono tirata fuori dal pozzo per fare “Closeness”, un disco sull’amore’, professa Devin Tuel, dalla casa della Pennsylvania orientale che condivide con il suo compagno, Stephen Harms. Insieme i due compongono il gruppo folk rock, Native Harrow. ‘Quando mi sono seduta per iniziare quella che sarebbe diventata la raccolta ho sentito che soprattutto volevo far capire che, mentre l’orologio si muove, possiamo tenerci stretti e forse ci saranno lacrime ma ci saranno anche risate’.

“Closeness”, il quarto LP del duo, esiste all’incrocio di due strade tortuose; tempo e movimento. L’album si apre come il colpo di un cannone con “Shake”, un confessionale a dondolo su come salire sull’ascensore dell’ansia. Se questa è un’indicazione di dove è stata la band dall’ultima volta che l’abbiamo ascoltata (2019, “Happier Now”), il tempo è andato avanti e con esso la vita si è evoluta e dispiegata.

Il lavoro elabora il calore radioso e la nostalgia senza tempo del gruppo con l’inclusione di nuovi suoni ed esperienze. L’apertura esplosiva “Shake” lascia il posto a sezioni di groove FM anni ’70 (“The Dying of Ages” e il funk desertico di “If I Could”), pop art anni ’60 (“Even Peace” e l’ampio orchestrale “Sun Queen “), e il tipo di folk aggraziato (“Smoke Burns”) e folk soul (la compassionevole convinzione di “Carry On”) per cui il duo è meglio conosciuto. Gli intricati poliritmi e il macinante sintetizzatore Moog (“Same Every Time”), il combo vintage jazz completamente realizzato (“Turn Turn”) e la squisita ballata per pianoforte (la penultima “Feeling Blue”) offrono scorci lungo strade inesplorate e trova la banda che si estende e illumina con sicurezza la propria ampia aspirazione.

Il turbolento primo singolo “Shake” prende vita con un esercito di chitarre fuzz e tamburi, sostenuto da ondate di archi (delle varietà real, mellotron e chamberlain) e dalla rara apparizione di clavicembalo. ‘Scuoti quando mi sento solo, scuoti quando il mio cuore è dappertutto’, articola il conflitto dell’ansia. ‘Essere in tour aiuta, perché stare lontano da te stesso aiuta’, ammette la cantante e compositrice dei Native Harrow, Devin Tuel. Eppure c’è speranza. È vero che potrebbe sembrare tutto diverso quando ci svegliamo ridendo. ‘Ho sentito che tutto sarebbe migliorato, tutto sarebbe migliorato un giorno’.

Sono chiari i rimandi a quella stagione, indimenticabile e rimpianta, dei cantanti folk di fine sessanta inizio seventies, in cui si esploravano percorsi nuovi, si miscelava il folk con sapori rock e si lavorava sugli arrangiamenti che divenivano più complessi e azzardati. Non mancano, però, riferimenti attuali sul versante indie-alternative, quello maggiormente ricercato e raffinato.

Devin si occupa di sei corde elettriche ed acustiche oltre che della voce, che viene spesso moltiplicata attraverso le tecniche di registrazione, mentre il compagno Stephen suona quasi tutto dalle tastiere al basso elettrico ed acustico, ma anche le chitarre, oltre ad essere co-autore e co-produttore. La batteria è affidata ad Alex Hall che funge anche da ingegnere del suono. Le registrazioni sono state effettuate a Chicago tra la fine del 2019 e l’inizio del 2020, che ha consentito al gruppo di intraprendere un breve tour prima dello scoppio della pandemia.

Un album che non lascia indifferenti, anzi ci dona musica di notevole spessore qualitativo!!!


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