MATT BERRY: “The Blue Elephant” cover albumMatt Berry è un personaggio eclettico, non solo musicista (più un fan della musica), anzi forse maggiormente conosciuto come comico che opera alla televisione, che mi ha fatto venire le lacrime agli occhi con le sue interpretazioni in “The Mighty Boosh”, “The IT Crowd”, “Toast Of London” e più recentemente “What We Do In The Shadows”. Un bastardo divertente come un fottuto idiota che può persino far sembrare cool le pubblicità insipide con quella voce unica. A parte questo, è un eccellente musicista. Date un’occhiata al suo ultimo album “Phantom Birds” e al suo (quasi) debutto “Witchazel”. Prende sul serio la sua arte e riesce contemporaneamente ad essere divertente nei suoi testi. Berry ha pubblicato diligentemente album altamente inventivi e riccamente dettagliati, probabilmente trovando e stabilendo saldamente il suo groove e la sua miscela ammaliante di folk acido e psichedelia progressiva, adornata con tocchi sapienti che facevano riferimento a un ricco arazzo di artisti da Vangelis e Jean Michel Jarre, a Pentangle e Gabriel -era Genesis.

Il precedente album di Matt, “Phantom Birds” (2020) ha trovato il suo solito lavoro orchestrato in modo lussureggiante molto più spoglio del solito, compulsivo per la sua intimità. Tuttavia, è piacevole notare che con la nuova uscita, “The Blue Elephant”, il nostro ritorna alle sue narrazioni più stratificate e abbellite; anzi, semmai, questa è la sua opera più finemente decorata fino ad oggi, forse deliberatamente. Gran parte della gioia nella sua musica proviene dai suoni e dagli stili finemente lavorati e spesso vintage che Berry prova. Costantemente inventivo, interessante e stranamente coinvolgente, il lavoro è a sua volta malinconico, inquietante ed elettrizzante.

“Aboard” ti trascina dolcemente con una linea di basso profonda che trasuda negli intelligenti pattern di batteria di Blundell. Quindi si fonde con la psichedelia inondata dal sole dell’eccellente “Summer Sun” che vi riporta ai Byrds al loro apice. Un meraviglioso brano musicale che colpisce all’istante. Questo approccio eclettico è la sua forza, poiché i familiari tropi musicali del folk, pop, funk e rock degli anni ’60 e ’70 si fondono con sintetizzatori analogici spumeggianti e ronzanti per creare qualcosa che diventa un tributo ispirato, piuttosto che un pastiche. Questo stile o suono è anche qualcosa che sta diventando la cifra stilistica del musicista, ora è possibile descrivere un brano musicale come qualcosa di tipicamente ‘Berry’, il che non è una cosa negativa; anzi, è una raccomandazione.

L’ organo in stile Ray Manzarek e lo strumentale da spy-story alla John Barry in ”Safe Passage” si fondono con la smodata scomposizione funk di “Now Disappear” prima che la voce distintiva di Matt riappaia con “Alone”. Le tracce di “Blue Elephant” sembrano progettate con cura per essere ascoltate nel loro insieme; si susseguono l’una nell’altra e seguono una sorta di stato d’animo narrativo, con passaggi strumentali punteggiati da canzoni o momenti più drammatici o filmici.

L’album nel suo insieme evoca spesso un’atmosfera di spionaggio degli anni ’60, uno stato d’animo o un’atmosfera molto distinta. C’è un senso di vintage, polveroso e un po’ triste, oltre che di fresco e intrigante. È una testimonianza del genio dell’autore che riesce ad amalgamare tutte le componenti e gli stili, apparentemente disparati, in un lavoro coeso, semplice ed emotivo. Ascoltarlo significa entrare nella sua visione unica e nel suo modo di vedere il mondo che lo circonda. Visitatelo anche voi non ve ne pentirete!!!


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