Lo scorso novembre a Trezzo sull’Adda sono calati i Magpie Salute per presentare il loro album “High Water”. Persone di fiducia e di comprovata passione musicale mi hanno riferito di un concerto non particolarmente riuscito a causa di una qualità audio alquanto deficitaria, soprattutto all’inizio, e di una performance dei nostri non particolarmente eccitante. In sostanza bravi quando si tratta di riproporre cover, ma troppo simile ai Black Crowes nei pezzi autografi, senza però avere nel loro repertorio brani indimenticabili.
Esce ora, a distanza di un solo anno dal precedente, “High water II”. Prodotto dal fondatore del gruppo, il chitarrista e cantautore Rich Robinson, il disco è stato parzialmente registrato al Dark Horse Studio di Nashville, insieme all’album “High Water I” (2018).
La band – Rich Robinson, Marc Ford, Sven Pipien, John Hogg, Joe Magistro e Matt Slocum – ha continuato a lavorare su queste canzoni, registrando sessioni aggiuntive ai Rockfield Studios nel Regno Unito, dopo aver finito il tour europeo dello scorso anno. L’album include “In Here”, il primo estratto dall’album e già pubblicato il 13 agosto, oltre al brano dalle tinte country “Lost Boy”, co-scritto dal chitarrista Marc Ford e Robinson, che vede la partecipazione come ospite di Alison Krauss alla voce e al violino. Come già avevo riportato nella recensione del suo predecessore a me sembra che la band sia troppo una copia carbone di quella dei “Corvi Neri”. C’è una forte caratterizzazione southern, cioè quel blend di rock e R’n’B che è la cifra stilistica di molto del miglior rock sudista. I Black Crowes erano però migliori nello scrivere canzoni e sapevano incendiare i palchi come nessun gruppo di rock classico negli anni novanta. Non erano forse innovativi, le loro radici risiedevano in quei gruppi inglesi che si rifacevano alla musica americana, cito tra i tanti Rolling Stones e Faces.
Il nuovo album inizia con il brano “Sooner or later” e sembra di ascoltare i Crowes, oppure Stones, Skynyrds e Faces, cioè southern-rock e british R’n’B. Un suono saturo di chitarre accompagnato da un gran lavoro di organo e pianoforte con le voci in grado di creare armonie come era prassi negli anni sessanta, la sezione ritmica che non da tregua e, in alcune occasioni, una sezione fiati che spinge prorompente. Il lavoro si muove su queste coordinate, è suonato splendidamente, è difficile trovare “sudisti” che non sappiano trarre il meglio dai loro strumenti, ma forse troppo uguale a situazioni già sentite e conosciute.
Se vogliamo cercare qualche novità possiamo trovarla in alcune ballate dal sapore west-coast in cui ci si può un attimo rilassare e tirare il fiato come nel folk blues “You and I”, intro di chitarra acustica che lascia poi il passo ad un organo e all’entrata del resto della band. Anche la già citata “Lost boy” si stacca decisamente, un melodico country molto originale, caratterizzato da una voce profonda a cui si somma quella di Alison Krauss per un amalgama sonoro di grande impatto. Se in futuro ci riserveranno pezzi come questi ultimi due, saremmo molto soddisfatti perché significherebbe un affrancamento dalla formazione madre!!!


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