‘Me and Jasper’, dal terzo album dei Luluc, “Sculptor”, è una sfida diretta alla mentalità ristretta delle piccole città, ondivaga e vigile, sostenuta dalla sprezzante chitarra di J Mascis, amico della band. È una riflessione sulle comuni insidie dell’adolescenza: possibilità senza limiti bloccate da costanti ostruzionismi. Il brano è portavoce di un album che per molti aspetti parla di intenti, potenzialità, e di come le persone riescano, attraverso difficoltà e opportunità, a creare diversi percorsi. “Sculptor” può tranquillamente essere ascoltato a tutto volume, perché se la musica dei Luluc è imperiosa nel suo minimalismo, ha un impatto tutt’altro che tranquillo. Da un punto di vista del suono, la band ha ampliato il proprio repertorio. Il polistrumentista, cantante e produttore Steve Hassett ha padroneggiato una serie di strumenti diversi per realizzare la visione ad ampio spettro del disco. Zoe Randell e Hassett hanno scritto, registrato e prodotto quasi tutto da soli, ma la loro visione è tutt’altro che ristretta. Oltre a Mascis, “Sculptor” vede la partecipazione di Aaron Dessner (The National, produttore di “Passerby” qua a chitarre e programmazione), Jim White di Dirty Three, Matt Eccles e Dave Nelson.
Che ognuno di noi abbia il controllo della propria storia è il fulcro di “Sculptor”. Questo, per Hassett, è ben definito nell’ultima frase dell’album: “The most beautiful, serene sculpture my hands could make, could trace, could break.”


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