LUKA KUPLOWSKY: “Stardust” cover albumA volte ci si chiede come mai un artista impieghi così tanto tempo a farsi conoscere. Nel caso di Luka ci è voluto un EP, “Judee Justin Arthur Mary”, ad inizio anno per entrare in un certo percorso, prima era passato praticamente inosservato. Strani casi della vita perché il suo songwriting e le sonorità scelte spiccano per classe, raffinatezza e creatività, anche nei confronti di autori affini e molto considerati dalla critica.

In questo album il lavoro del musicista canadese si arricchisce di archi e fiati donando ulteriori caratteri alle ballate intrise di folk e jazz. La voce continua a mantenersi in equilibrio tra calma ed espressività e risulta il fulcro di ogni composizione.

“Stardust” è la sua prima uscita integrale per Next Door Records, con il primo singolo “Never Get Tired (of Loving You)”. Pur non struggendosi né addolcendo, “Never Get Tired (of Loving You)” è una canzone d’amore, che guarda alla passione come una componente intrinseca per la crescita, una solidarietà tra due persone che sfrecciano nel caotico presente. Non è qualcosa di leggero o facile. Piuttosto, questo amore è, come dice Luka, ‘una sintonia paziente’. Parlando del singolo, Kuplowsky dice: “Scritto in un appartamento vuoto poco dopo essermi trasferito con la mia partner. Una sincera espressione d’amore. Una sacra canzone d’amore in sintonia con il mondo naturale: tuono, vento, chiaro di luna e un delfino’.

Il primo singolo continua da dove avevamo interrotto con l’EP di cover reinventato all’inizio di quest’anno. Con molti degli stessi musicisti di quel breve disco, il brano presenta Evan Cartwright (Andy Shauf, US Girls) alla batteria, Thom Gill (Martha Wainwright, Sam Amidon) alla chitarra elettrica e all’organo, il jazzista straordinario Josh Cole (Josh Cole Quartet, Sandro Perri) al basso fretless, Felicity Williams (Bahamas) e Robin Dann (Bernice) delle Bahamas per i cori e Brodie West (Broken Social Scene, The Ex) al sax alto.

L’album presenta canzoni che sono un’esplorazione cinematografica, infatti Kuplowsky lavora come professore, a contratto, di cinema a Toronto. Le sue narrazioni spesso si intrecciano e lo fanno tra realismo e melodramma, romanticismo e surrealismo. Il nostro ha la capacità di creare racconti non lineari che sembrano completi e possono farti girare la testa con un semplice testo, come la linea di spicco del pezzo omonimo, dove Luka canta, ‘Ho fatto arrossire un angelo, con la mia sofferenza, la mia perdita? ‘.

Con il suo meraviglioso nuovo disco, Luka Kuplowsky ci narra di un argomento rinfrescante per l’importanza della musica acustica come luogo in cui tenere il pensiero; uno spazio aperto dove collocare parole, idee e immagini scelte in modo impeccabile. Un giovane cantautore con una consegna calma e colloquiale e una comprensione della poesia disinvolta e poco appariscente; Kuplowsky riprende umilmente gli stessi fili di indagine che ha fatto Cohen, ponendo le grandi domande sull’amore, il significato e la coscienza. Musicalmente, “Stardust” triangola tra “Hejira” e “Late for the Sky”, trovando connessioni tra la purezza della melodia semplice e le modulazioni intricate del jazz. Luka fa una musica di contemplazione, una musica viva per le possibilità quotidiane dell’epifania e della rivelazione, una musica senza fretta che si muove con i ritmi dolci e sinuosi del pensiero.

Dalla prima nota, si avverte freschezza ed immediatezza che non sono casuali. La raccolta è stata registrata in soli due giorni, in uno studio quasi senza isolamento, con una band di musicisti strepitosi provenienti dal ricco scenario jazz e da quello di improvvisazione di Toronto. Le voci e quasi tutto il resto sono state registrate dal vivo, in un atto di pura fiducia, e l’album cattura davvero un’esibizione, un’assemblea di musicisti che scoprono le canzoni in tempo reale!!!


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