Lee “Scratch” Perry è ormai elevato allo status di leggenda vivente della musica giamaicana. Rainford Hugh Perry nasce nel 1936 a Kenton, in una zona rurale dell’isola. Muove verso Kingston alla fine degli Anni ’50 dove inizia a collaborare con il sound system Sir Coxsone Downbeat del celebre Clement “Coxsone” Dodd.
Perry è il responsabile delle audizioni presso il negozio di Dodds situato nella capitale in Orange Street, scrive canzoni e in inizia anche ad occuparsi di produzione. Il suo appellativo “Scratch” viene da uno dei primi brani composti e prodotti interamente da lui, “Chicken Scratch”, pubblicato nel 1963.
Sono ormai sessant’anni che Lee “Scratch” si avventura in ogni piega della musica giamaicana, che ora viene sommariamente definita reggae: dallo ska al rocksteady, dal dancehall al dub.
A vario titolo, ha collaborato con le più celebri personalità dell’ambito, dagli Skatalites, agli esordi, a Bob Marley. Ora, dopo una vita vivacizzata dall’animosità del suo carattere a volte un po’ spigoloso, vive in Svizzera, paese d’origine della moglie, e conduce una vita lontana dagli eccessi del passato. Per il 2019 è previsto un tour a dispetto della sua notevole età.
“The Black Album” è il suo nuovo album, è stato registrato a Londra negli studi Abbey Road ed è prodotto da Daniel Boyle che aveva già lavorato con lui in “Back on the Controls” nel 2014.
L’album inizia con pianti di bambini come già un suo grande successo del 1968, “People Funny Boy”, un’invettiva contro il suo ex produttore Joe Gibbs, e questo rammenta che Lee Scratch fu uno dei primissimi ad utilizzare i campionamenti.
La scaletta è così disposta, ad ogni originale segue la versione dub, come metter in fila tanti 45 giri uno dopo l’altro, lato a e lato b. Il termine dub significa doppio, e la versione strumentale dell’originale, che si trovava sul lato b, veniva definita come dub version. Nel tempo, visto il successo di pubblico che nei dj set avevano le versioni strumentali su cui il pubblico poteva cantare ballando, le versioni dub si son caratterizzate con effetti di echo e riverberi ed una ritmica più lenta.
“The Black Album” è un disco senza età che ci restituisce senza rughe, a dispetto della copertina su cui è ritratta una pelle di anziana, una storia della musica giamaicana da uno dei suoi più illustri rappresentanti.


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