KIWI JR: “Cooler Returns” cover albumUscito lo scorso 22 gennaio per la storica Sub Pop, “Cooler Returns” è il nuovo disco dei Kiwi Jr. e arriva a solo un anno di distanza da “Football Money”, buon esordio che aveva direttamente collocato la band nelle retrovie di un nostalgico revival a metà fra Pavement e Modern Lovers.

Il gruppo, formato da Jeremy Gaudet (voce e chitarra), Brohan Moore (batteria), Mike Walker (basso) e Brian Murphy (chitarra), presenta tredici nuove tracce che a livello testuale mescolano edifici in fiamme, ritrovamenti macabri nel seminterrato dei vicini, elettori indecisi, rendendo il loro “Cooler Returns” un disco decisamente calato nel proprio tempo. Il sound indie-pop sembra unire le atmosfere pigre dei Thrills di Conor Deasy a quel sapore alternative rock più di stampo Dinosaur Jr.

Che Kiwi Jr abbia seguito l’affascinante debutto dello scorso anno così rapidamente – anche nel bel mezzo di una pandemia – è un qualcosa di corretto e che muove sentimenti di puro piacere; c’è una freschezza per il loro marchio di indie rock che suggerisce che sono in grado di mettere ko senza sforzo chiunque si dedichi ad ascoltarli. Questo è ingannevole, però; c’era molta profondità in “Football Money” e ancora di più in “Cooler Returns”, un affare pop-rock accattivante e sgangherato che suggerisce che sono riusciti a fare qualcosa di impensabile con il loro 2020 – si sono divertiti molto.

Il nuovo lavoro sembra più o meno lo stesso del breve debutto, ma, prestando maggior attenzione, risulta più raffinato. L’abilità della band per una melodia semplice, ma appiccicosa, è in una visione ancora più chiara su “Cooler Returns”, con brani come “Highlights of 100” e “Norma Jean’s Jacket” costruiti su cambiamenti familiari degli accordi e linee vocali tortuose e insistenti. “Undecided Voters” è un momento particolarmente jangly, con versi ottusi e mutevoli che incanalano in un coro stompy e diretto da qualche parte tra la semplicità dei Ramones, la teatralità glam e i livelli di canto cheerleader di energia.

La cosa diversa di questo album è il ritmo, che richiede un po’ più di tempo per intendere dove stiano andando le canzoni e si avverte un minor grado di ansia nel passaggio da un pezzo anthemico all’altro.

La strumentazione espande anche oltre la standardità rock, con molte tracce che sovrastano le contro melodie suonate sull’armonica o rilasciano strumenti inaspettati nel mix. Questo accade maggiormente con l’avanzare dell’ascolto, con “Nashville Wedding” che porta pezzi sobri di pianoforte, chitarre acustiche ad alto infilato e handclaps, e “Dodger” che accoglie quelli che suonano come rumori di mandolino e xilofono che si uniscono alla strumentazione rock che ancora ammantano la canzone. In momenti come “Dodger”, il disco assume un umore da “Let It Be”, dove le canzoni sono ancora l’obiettivo principale, ma vengono cosparse di sufficienti extra di produzione interessanti per portarle in nuovi posti.

La maturazione dei nostri su “Cooler Returns” è sottile, e tutte le loro moderate mosse in avanti sono sopraffatte dalle loro melodie resilienti e dalla complessa architettura del songwriting.

È del resto indubbio come i Kiwi Jr intendano proseguire la tradizione tutta nord-americana del rock da college, quello suonato nelle radio studentesche e alle feste dei licei, di cui fulgidi esempi sono stati Lemonheads, Fountaines Of Wayne, Nada Surf e i primi Weezer. Un’attitudine rotondamente pop ma più energica e gioiosa rispetto alla media, che ha come logica destinazione il palco di un festival. Se siete alla ricerca di un album che vi faccia muovere e cantare avete trovato ciò che cercate!!!


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