JONATHAN HULTEN- “Chants From Another Place”Leggendo varie riviste di settore mi è capitato di imbattermi, in questo mese, nella recensione del disco di Jonathan Hulten e i pareri raccolti non erano molto in sintonia. Chi lo descriveva come un album di abbagliante bellezza e chi, invece, come il prodotto di un musicista ancora alla ricerca della propria identità musicale, perché incapace di svelare l’intimità del suo “Io”.
Partiamo dal fatto che il nostro proviene dai Tribulation, gruppo death metal svedese, ma che in questo lavoro ha dismesso i vecchi abiti di scena per indossarne altri che lo rivelino semplicemente come sé stesso. Le ispirazioni per questo disco provengono da composizioni folk a cappella e da cori di chiesa. “Chants from another place” è costruito su tessiture acustiche che emanano un sentire antico e gotico. Jonathan si diletta a mescolare suggestioni diverse che seguono Nick Drake come i Led Zeppelin acustici, artisti della scena folk tradizionale quali Bert Jansch e John Martyn, oltre a nomi più contemporanei come Chelsea Wolfe, Anna Ternheim e Hexvessel.
È una raccolta ad alto tasso di drammaticità, molto enfatica anche quando gli arrangiamenti sono ridotti all’essenziale. Il disco è stato registrato interamente nello studio di Stoccolma dell’artista e anticipato dai primi due singoli, “The mountain”, ballata pregna di delicatezza tipica di quel prog folk anni settanta, e “Wasteland”, grido interiore capace di contaminare il silenzio.
Per entrambi i brani il video è una sequenza di immagini animate creata dallo stesso Holtén. Andando sul sito internet dell’impenetrabile musicista lo scopriamo infatti anche prolifico illustratore di quelle che lui chiama Necromantic Art, figure dal gusto neo gotico su cui scorrono storie horror/noir che ricordano una vecchia edizione illustrata dei racconti di Edgar Allan Poe.
In definitiva questa opera di Hulten piacerà agli amanti delle atmosfere caustiche e oscure, ma potrebbe risultare un po’ indigesto a chi non si è mai avvicinato al genere dark-folk, per cui non è sbagliato sentire un tessuto emotivo e artistico variegato e stimolante come il peso di un’eccessiva plasticità!!!


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