JASON SHARP – ‘The Turning Centre Of A Still World’ cover album“The Turning Center Of A Still World” è il primo disco puramente solista di Sharp e il suo lavoro più lucido, toccante e integrale fino ad oggi. Dopo due acclamati album composti attorno a particolari collaboratori e musicisti ospiti, Jason ha concepito il suo terzo come un’interazione strettamente legata al proprio corpo, al suo strumento acustico e al suo sistema elettronico su misura in evoluzione. Questa opera… è una singolare esplorazione sonora della calibrazione, dell’interazione, dell’espressione e del biofeedback uomo-macchina.

Usando sassofoni, pedali per basso controllati dal piede e il suo battito – collegato a un monitor cardiaco indirizzato a percorsi di segnale variegati che attivano sintetizzatori e campionatori modulari – Sharp dipinge con onde organiche di sintesi scintillante, rumore rosa e digitale. Tratti melodici e forme armoniche si increspano e si inerpicano attraverso mari sempre mutevoli, attraverso un ciclo inclemente dall’alba al tramonto.

I sei movimenti principali dell’album navigano in un mondo in cui le placide superfici sono sempre agitate e inquiete da un vortice inesorabile più profondo: l’attrazione gravitazionale e l’eternità di marea dei nostri corpi fatti d’acqua, sbattuti dalle pressioni atmosferiche terrestri, strizzati dalle emozioni, scorrenti di sangue, sostenuta dal respiro, inesorabilmente anelando e tornando alla terra ancora e ancora.

Il battito del cuore di Jason scorre letteralmente attraverso queste composizioni – mentre solo occasionalmente emerge come un impulso o un ritmo chiaramente udibile, si alimenta fisicamente in uno spettro di processi sintetici generativi che aiutano a costituire e condurre la musica.

La linea passante – o, forse più precisamente, l’impulso – del lavoro del nostro è fornita da un cardiofrequenzimetro personalizzato utilizzato per cronometrare i sintetizzatori modulari e i trigger di campionamento informati dal suo respiro e dalle prestazioni al sassofono. La sua presenza è dapprima notevole nel ritmo costantemente variabile che si snoda tra la cascata di note che scintillano in “Unwinding Surrender”. La sua tecnica estesa ricorda il suono del collega sperimentatore baritono Colin Stetson, ma con un approccio più elegante.

“Velocity of Being” assume un’atmosfera molto Vangelis, evocando “Blade Runner”, immaginando il futuro, con un grappolo di toni impennati e arpeggi clamorosi occasionalmente trafitti dal riflesso dell’obiettivo di uno skronk reedy. Il centro dichiarativo dell’album è “Upwelling Hope”, con un’ampia ouverture che alla fine viene infusa con molti loop di sassofono turbolenti e soffici sovrapposti l’uno sull’altro, suggerendo la vita che emerge da una massa protoplasmatica. È una cosa di bellezza e meraviglia.

I lavori elettronici immersivi, intensivi e widescreen su “The Turning Centre…” potrebbero essere comodamente un contributo magistrale e stellare al genere di colonne sonore spazio/fantascienza/synth, grazie alla loro tavolozza sonora complessiva e alla portata oceanica. Ma questa è in definitiva roba più profonda, più grintosa, più terrena, pulsante di granularità terrestre, che traccia geografie sotterranee del cuore e dell’anima!!!


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