In uscita il 21 febbraio 2020, “Random Desire” è il secondo disco autografo di Greg Dulli, già frontman degli Afghan Whigs. Le registrazioni della raccolta sono partite immediatamente dopo la pubblicazione dell’album della band “In Spades”. In questo lavoro, scritto e registrato tra la sua casa di Silver Lake, il villaggio di Crestline (sulle montagne sopra San Bernardino) e New Orleans (città in cui, con gli Afghan Whigs, registrò “1965”), ma completato nell’isolamento di Joshua Tree (nello studio di Christopher Thorne), Dulli suona quasi tutti gli strumenti.
Secondo il lancio stampa, il musicista dell’Ohio, ora di base a Los Angeles, si sarebbe ispirato a musicisti visionari come Prince e Todd Rundgren. Numerosi gli ospiti che hanno collaborato alle registrazioni: il chitarrista dei Whigs, Jon Skibic, il polistrumentista Rick G. Nelson, Mathias Schneeberger (Twilight Singers), il mago della pedal steel, nonché bassista, Dr. Stephen Patt, e il batterista Jon Theodore (Queens of the Stone Age, The Mars Volta). Il primo album a suo nome da lungo tempo a questa parte è anche un lavoro in cui Greg si misura con diverse vicissitudini personali, non ultima la scomparsa per un tumore del chitarrista degli Afghan Whigs, Dave Rosser, avvenuta due anni fa.
Il nostro è un musicista facente parte di una generazione che amava la musica e si rivolgeva ad un pubblico di appassionati che erano soliti acquistare dischi, a confrontarsi sull’argomento, a frequentare rivenditori, tutto ciò che oggi non c’è più. Questa situazione è un po’ parte del lungo periodo di assenza dalle scene di Dulli. Non sopportava l’appiattimento della proposta e la mancanza del desiderio di ascoltarla, che avevano infettato anche lui.
Come nel caso delle migliori proposte che Greg ha partorito, questo lavoro nasce dal dolore che permette di comporre tracce profonde ed ispirate. Le atmosfere non sono lontane da quelle di “Black love” del 1996, i temi quelli della fine di un amore, del redarguire sé stessi, la perdita in assoluto. Nel porre queste negatività al pubblico fa uso di un’ironia amara che è capace di aumentare il livello del dolore. È difficile stabilire a chi possa interessare una simile opera così mirabilmente costruita, che necessita di essere ascoltata con attenzione per assimilarne profondamente il contenuto. Sarebbe un peccato non farlo, perché ci perderemmo un autore di livello, capace di mettere in mostra uno stile ben definito e personale che ci dona uno dei suoi migliori album dal tempo del primo scioglimento dei Whigs.
La canzone di presentazione, “Pantomima”, si apre con una linea di basso forte, morbidi tocchi di hi-hat e una leccata di chitarra che presto si schiude in un urlo e fissa il ritmo per il resto della traccia. Il brano vola avanti con una tensione a pugno chiuso che Dulli controlla abilmente con un’esibizione vocale che oscilla tra un lamento e un morbido falsetto.
Il messaggio è chiaro ed è rivolto a tutti coloro che hanno ancora un’anima e una forte passione musicale, non lasciatevi sfuggire “Random desire”, potreste pentirvi amaramente in futuro!!!


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