Quando mi cimento con la rubrica Ripeschiamoli mi piace ricordare dischi che hanno segnato la mia crescita musicale, non necessariamente capolavori, ma album che mi hanno emozionato ed aperto le strade verso nuove avventure. Uno di questi fu ‘Ghost Writer’ di Garland Jeffreys. Si tratta di un musicista di origini afroamericane e portoricane che nella sua lunga carriera ha toccato diversi generi musicali, dal rock al reggae, dal soul al blues. Personaggio dotato di cultura soprattutto in campo artistico, si è laureato in storia dell’arte presso l’università di Siracuse dove conobbe e divenne amico di Lou Reed. Partecipò anche al disco di John Cale del 1969 ‘Vintage Violence’ al quale portò in dote un brano dal titolo ‘Fairweather Friend’. Nello stesso anno fondò un gruppo i Grinder’s Switch dai risultati effimeri, ed è proprio in quel periodo che lo si può notare in foto con un caschetto di dreadlocks in stile Marley. La sua carriera discografica ha ormai raggiunto il quarantennale ma gli album pubblicati non sono molti, forse perché non ha mai spinto per diventare un ingranaggio nelle mani delle majors. Stilisticamente è da annoverare tra i cantautori urbani nel periodo tra la fine dei ’70 e l’inizio del decennio successivo, che è anche il momento in cui il nostro incide il maggior numero di album divisi tra A&M ed Epic. È il momento in cui tra le strade di Manhattan vibrava un suono che era una meraviglia, tra Springsteen, DeVille, David Johansen, Elliott Murphy e Lou Reed.
‘Ghost Writer’, con tale termine si intende un mero scrittore anonimo che prepara materiale letterario per altri, non è il suo primo lavoro, ma sembra quello giusto per portarlo ad un certo livello di fama. È il disco più poetico e reggae di Garland ed è prodotto da David Spinozza, suo grande amico, e vede coinvolti grandi musicisti quali Don Grolnick alle tastiere, Steve Gadd alla batteria, Michael Brecker al sax e James Taylor ai cori tra i tanti. ‘Rough And Ready’ è un rock suggestivo di grande presa, ‘I May Not Be Your Kind’ è un ritmo in levare per eccellenza, in cui vorrei segnalare l’ottimo assolo di sax di Michael Brecker. ‘New York Skyline’ è una ballata notturna ricca di atmosfera. In ‘Cool Down Boy’ esce tutta la grinta di Jeffreys per un brano dalle forti tinte reggae. La seconda facciata è ancora più importante e contiene due gemme strepitose, la prima è ‘Wild In The Streets’, ed è un inno di protesta ispirato ad un caso di violenza sessuale nei confronti di un’adolescente. Contribuì alla stesura del brano Dr. John che suonò anche il clavinet con il gruppo di supporto composto da Rick Marotta, David Spinozza alla chitarra e i Brecker Brothers ai fiati e David Peel ai cori. L’altro brano è ‘Spanish Town’, a mio parere il miglior brano scritto da Garland. Ci troviamo di fronte ad una ballata mozzafiato immersa nelle atmosfere dell’America del Sud, della musica latina, Messico, Brasile, Portogallo e Spagna vengono citati con dovizia di particolari. Da brividi è l’interpretazione che il nostro dà vocalmente, con una sensibilità ed una grazia che ha pochi eguali, con quel punto di vista vocale che passa dal doo-wop all’incisività del rock’n’roll.
‘Ghost Writer’ è un disco imprescindibile, cercatelo, fatelo vostro e non ve ne pentirete.
No responses yet