“Making a New World” è il nuovo disco del duo britannico Field Music, il seguito di “Open Here” uscito nel 2016. Il concept album è costituito da diciannove canzoni che rappresentano un ciclo «che narra gli effetti della Grande Guerra». In particolare David Brewis spiega di aver preso come spunto «storie iniziate durante il conflitto, immaginandole dopo un secolo. Abbiamo provato a lasciarci alle spalle la guerra, riportandola al nostro quotidiano».
L’idea è nata da un progetto che la band ha effettuato in collaborazione con l’Imperial War Museum: le canzoni sono state suonate in due date presso le sedi del museo a Salford e Londra nel gennaio 2019. Per la prima volta il gruppo ha registrato in un solo giorno l’intero disco (immediatamente dopo l’esibizione londinese) coinvolgendo, oltre che i fratelli Brewis, anche la live band formata da Liz Corney alle tastiere, Kevin Dosdale alla chitarra e Andrew Lowther al basso.
Il gruppo dei fratelli Brewis è sempre stato caratterizzato dal saper combinare sonorità e melodie tipiche del prog anni settanta con le canzoni urgenti e sintetiche della new wave. In quest’occasione sembra di poter dire che hanno raggiunto una compattezza tale da definire il loro sound tipicamente Field Music. Forse per avere una band alle loro spalle, forse per essere un album concept. Più di tutto è l’impatto musicale a farci affermare la forte identità del lavoro. I brani sono brevi, di media un paio di minuti, ma presenti accenni che non arrivano al minuto. Strumentalmente la chitarra è in secondo piano, è il pianoforte a dominare la scena come in “Silence”, momento di pura atmosfera, fino al primo pezzo vero e proprio, “Coffee or wine”, che ha stacchi nervosi e che ricorda certo rock del passato alla Todd Rundgren.
Magnifica “Between nations” con i suoi profumi di kraut-rock elaborato da band post-punk. Lo strumentale “I thought you were something else” ci inoltra in un mondo cinematografico, poi ecco una morbida ballata, “A change of heir”, dai tocchi profondamente beatlesiani. Un coro angelico caratterizza e da tono a “From a dream into my arms”.
Come noterete un varietà stilistica che non significa girare a vuoto, ma, piuttosto, non consente ad alcun elemento di emergere sull’altro. Quello che è in risalto è l’essenza del gruppo stesso, capace di esprimersi sia nei brani più articolati che in quelli che fungono da intermezzo.
Al primo ascolto disorienta, poi ci mostra l’avvenuta maturità dei Field Music, una delle formazioni maggiormente interessanti del pop britannico di ricerca!!!


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