ELLIOTT MURPHY- “Ricochet”Che ricordi mi sollecita il nome di Elliott Murphy, rammento un concerto nel luglio del 1983 nel palazzetto di Imola, in realtà una palestra scolastica con un po’ di spalti, in una serata torrida, ma ricca di soddisfazioni musicali, accentuate dal fatto che potei recarmi negli spogliatoi a conversare amabilmente con i musicisti al termine dell’esibizione.
Newyorkese e cantautore di culto, Elliott è un personaggio dalle varie contaminazioni, cresciuto nei club underground della Grande Mela con Lou Reed, New York Dolls, David Byrne e Patti Smith, ma in seguito avvicinatosi anche a Bruce Springsteen, suo grande amico e spesso sul palco e nei dischi con lui nell’arco della sua carriera. Veterano rocker e autore, la sua carriera nella musica e nella letteratura è più attiva che mai, vanta oltre 35 album. Accasatosi alla Polydor, Elliott Murphy esordisce nel 1973 col disco-cult “Aquashow”, dove piazza subito un colpo da 90, quella “Last of the Rockstars” che da sempre è uno dei suoi brani più rappresentativi. Dopo il successo dell’esordio, seguono” Lost Generation” (con il produttore dei Doors, Paul Rothschild), “Night Lights” (con Billy Joel), “Just a Story from America” (con Phil Collins e Mick Taylor).
Intravisto un po’ nella schiera dei “Beautiful Losers”, in seguito Elliott deciderà – dopo 4 dischi con la Polydor – di fondare la propria etichetta (Courtesan) con la quale pubblicherà dischi come “Affairs”, “Murph the Surf” e “Milwaukee”, prodotto da Jerry Harrison dei Talking Heads e in cui si cimenta in un duetto con Springsteen.
Il suo ultimo lavoro discografico è uscito in ottobre 2019, intitolato “Ricochet” ed è un album eclettico di outtakes, versioni live e brani precedentemente non pubblicati degli ultimi 20 anni della carriera discografica dell’artista, comprese le cover di brani iconici di Bob Dylan, Bruce Springsteen e Tom Petty e undici brani originali. Prodotto e mixato da Gaspard Murphy e con il fedele Olivier Durand alla chitarra, la maggior parte delle tracce arriva dagli studi di Le Havre, ma anche da Bruxells e New York.
Si tratta di un disco che non si pone in secondo piano rispetto alle uscite recenti di Murphy, anzi a causa della varietà e della coerenza dei temi proposti risulta estremamente godibile. Brillano in particolar modo le rivisitazioni di “Better days” del Boss, con una resa dai sapori countreggianti, di “Angel dream #2” da “She’s the one” di Petty e l’ interpretazione di “Dignity” di Dylan in cui il nostro canta quasi fosse un clone di Bob.
Il resto si mantiene su livelli più che validi, anche perché Elliott è autore di vaglia. Molto intrigante “American stories part.2” ballata di chitarre acustiche che viene sporcata dal wah-wah dell’elettrica in modo da essere quasi un pezzo di garage-rock. “Trapped in a corner” è un duetto con Olivier Durand, classico folk-rock limpido come acqua di sorgente, mentre “Summer house” presenta un’atmosfera nostalgica e vede impegnato il figlio con la sei corde elettrica, basso e piano e il leader all’armonica dagli accenti morriconiani. Uno dei momenti più alti del lavoro è rappresentato da “Dharma”, ballata che inizia lentamente per poi andare in crescendo con un assolo di Durand capace di caricare il pezzo di un romanticismo d’altri tempi. Particolare “Jesus” una “talkin’song” tratteggiata da un sentito e coinvolgente arpeggio chitarristico.
Si chiude con due brani live: “Navy blue” è delicata, quasi una carezza al pubblico che assiste deliziato e senza fiato e “What the fuck is going on”, canzone di protesta, nel suo incedere elettrico di matrice folk-rock.
Nonostante fosse uscito da mesi lo ascoltato solo ora e posso affermare di non essermene pentito. Qui c’è il miglior Elliott Murphy quello che gli appassionati hanno imparato da tempo ad amare!!!


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